Su FB ho pubblicato anonimamente una poesia di un poeta tricaricese, che a ragione ho definito ingiustamente dimenticato, Giuseppe Giannotta.

         Giuseppe Giannotta era più giovane di undici mesi di Rocco Scotellaro. Rocco e Peppe erano additati a Tricarico per la loro non comune intelligenza e intensità di studi. Tra loro c’era molta amicizia risalente all’infanzia e per una certa affinità ideale, data la comune adesione al socialismo, anche se non espressa pubblicamente  da Giannotta, che ha esercitato per quarant’anni le funzioni di magistrato a Potenza, presso la procura della Repubblica e la Procura generale, tranne una parentesi negli anni ’50 in cui ha esercitato le funzioni di pretore ad Acerenza. A fine carriera rivestiva la qualifica di procuratore generale onorario della corte di cassazione. E’ morto il 31 maggio 1997.

         Giannotta ha pubblicato le seguenti raccolte di poesie: La casa sulla pietra-1957 – Allegria del sole-1960 – Le molteplici età-1967, edite da Rebellato di Padova – Una passera grigia, edita dalla MBS di Potenza.

Scotellato e Giannotta: due amici che ho conosciuti di persona e frequentati, due poeti. In poesia hanno scelto strade diverse. La poesia di Giannotta, starei per dire se non temessi di essere frainteso, se non fossi sicuro di dispiacere al mio amico Peppe Giannota, è poesia antiscotellariana.

Rocco Scotellato è «poeta contadino» – prendo in prestito questa espressione alla quale abusi e ignoranza hanno corrotta l’intima sua vera essenza  – Giuseppe Giannotta è «poeta lucano». Per scelta stilistica e di rappresentazione: la poesia di Scotellato è poesia popolare,  canto per i Sud del mondo; la poesia di Giannotta è poesia erudita, indirizzata innanzi tutto ai Lucani (con la L maiuscola), poi agli altri italiani (con i minuscola) e agli altri popoli che si sentono di amare il poeta. Così scrive lo stesso Giannotta (lettere maiuscole e minuscole comprese) nell’Introduzione al suo studio sul poeta venosino «Orazio si confessa».  

         Giannotta isola 13 versi (dal 9° al 20°) della quarta ode del terzo libro di Quinto Orazio Flacco, un’ ode tra le più solenni, al culmine della sua fortuna: La sconfitta dei giganti, composta di 80 versi. Tredici versi che si presentano come poesia autonoma col titolo «Fanciullo protetto dagli dei», ricordano un momento felice della fanciullezza del poeta venosino.

Orazio non si dimentica della terra natale e recupera con la memoria i luoghi della sua infanzia, situando proprio sul monte Vulture, la sua investitura poetica. Qui il poeta, per riportare già nell’infanzia la sua predestinazione poetica, trasfigura un episodio dei tempi di Venosa, allorché, sfuggito alla custodia della sua nutrice e arrivato sulle pendici del Vulture, dice di essersi addormentato in un luogo pericoloso pieno di vipere e di belve. Ma nella trasfigurazione del sogno era stato salvato dalle colombe che lo avevano ricoperto di lauro e di mirto, le piante sacre alla poesia e all’amore.

         Si sente una sorta di vaga rivendicazione autobiografica. Poeta lucano, Giannotta, e quindi poeta oraziano, anche se nella sue poesie sono abbondanti i segni delle sue vaste letture.

Orazio è un vero lucano, uno dei più autentici lucani. Discendeva dalle popolazioni lucane da un popolo di virtuosi,. Per chi non lo sappia, dice Giannotta, noi Lucani discendiamo dai Sabini. Una generazione di Sabini lasciò il gruppo originario e dette, spostandosi più in giù, inizio ai Sanniti. Successivi gruppi sanniti, già prima del 4° secolo a.C., s’impossessarono della Lucania, beneficiando prestissimo della civiltà che propagavano le colonie greche.  Furono i Sabini, insediati sul colle Quirinale, col concorso di gruppi latini del colle Palatino, a fondare Roma.

Fra le popolazioni lucane, in mezzo ai paesaggi della sorprendente Regione Lucana, Orazio aveva assimilato la sobrietà e la saggezza. Era per istintiva educazione trascinato a seguire la virtù e dare ascolto a Bruto. Ma, nella battaglia di Filippi, che lo sena in modo irrimediabile, Orazio lascia lo scudo e morde la polvere: sopravviene la vergogna. E’ Mercurio, rappresentante della poesia, ad aiutarlo a porsi in salvo. In carm. 3,4,20, il poeta si figura “un animoso fanciullo protetto da dei”.

Ed è fuori discussione l’indipendenza di Orazio, delle popolazioni lucane da cui egli trasse la linfa. Il Poeta non volle essere segretario dell’Imperatore.

Tra due anni non si celebrerà un Centenario per Giuseppe Giannotta. E chi lo ricorderà?. So che farei piacere a Rocco Scotellaro se per il 2024, dopo il suo Centenario – e come omaggio al suo Centenario, che non deve scadere il 31 dicembre 2023 (e ancora meno il 19 aprile) – riuscissi a comporre un mio libricino che ricordi il suo amico Peppe. Sono consapevole che dico cosa assurda: mi rimetto alla volontà di Dio.

 

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