EDIZIONI E COMMENTI

Il 26 novembre uscirà una rinnovata edizione (con un’introduzione di Andrea Mazzucchi) dei Nuovi studi su Dante di Enrico Malato, il curatore dell’ultima edizione della Commedia dantesca (presenta circa quattromila varianti rispetto alle precedenti), il cui testo è stato anticipato in due volumi nel 2018 nella collana «Diamanti» della casa editrice Salerno. Di questo studioso, sempre il 26 novembre, uscirà l’Introduzione alla Divina Commedia che è un’anticipazione di quella generale che aprirà l’ editio maior del poema dantesco: con tali pagine si spiegano le ragioni del rinnovato testo. Si attende per il 2021, ancora per l’editrice Salerno, nella serie «Nuova Edizione commentata delle Opere di Dante» (Necod), il volume Opere già attribuite a Dante e altri documenti danteschi e per l’Edizione Nazionale dei «Commenti Danteschi», pubblicati dal medesimo editore, i libri dedicati all’opera del sommo fiorentino di Bernardino Daniello e Pietro Alighieri. Dobbiamo comunque attenderci innumerevoli iniziative librarie oltre che molteplici convegni per il 2021, settimo centenario della morte del sommo poeta. L’ultima pubblicazione con testi di Dante, uscita proprio in questi giorni, è il primo volume di una Divina Commedia commentata da Giuliano Vigini e con illustrazioni a cura di Nino e Silvio Gregori: l’ Inferno (Edizioni San Paolo, pagg. 416, € 17). Questa iniziativa presenta tra l’altro gli indici, cantica per cantica, di tutte le parole di Dante (a cura di Lara Piffari, Vincenzo Santarcangelo e dello stesso Giuliano Vigini). Di tale pubblicazione va inoltre ricordato il richiamo costante a documenti o ad argomenti che costituiscono un riferimento della cultura cattolica. Per esempio, si ricorda l’enciclica di Benedetto XV In praeclara summorum del 30 aprile 1921, per il sesto centenario della morte dell’Alighieri; o, nell’introduzione, i passi del Nuovo Testamento che sono da tenere presenti per meglio focalizzare il viaggio dantesco nell’Inferno,

L’ALIGHIERI VA A INSIDIARSI di Piero Boitani

Dante /1. il saggio di John Took parte dalla vita del poeta per allargarsi a una più vasta prospettiva storica e culturale, dove dio diventa la meta finale di ogni sforzo spirituale

L’anno di Dante, il 2021 settimo centenario della morte, comincia presto, celebrato con solennità ed entusiasmo prima fuori d’Italia che non dentro i patri confini. E subito si presenta con un risultato importante, che darà da pensare anche ai dantisti nostrani quando uscirà per i tipi di Donzelli: un Dante di quasi 600 pagine che, sulla falsariga della vita, mira a ricostruire organicamente l’opera intera del poeta. La vita: perché Dante è il primo grande scrittore dell’Occidente a legare la sua poesia a ciò che ha vissuto, a fare poesia della vita, dei suoi sogni, delle sue idee, dei suoi sentimenti, dei suoi fallimenti: «trovò se stesso così completamente», diceva di lui un altro grande poeta, l’irlandese Yeats, «che quel suo volto scavato è più evidente / agli occhi della mente di qualunque altro volto, / tranne quello di Cristo». Vita, dunque, perché essa dà al volume una struttura, una linea di sviluppo, una prospettiva storica e culturale. Vita, ma non mera biografia: piuttosto, summa nella quale John Took, autore già trent’anni fa di un memorabile L’etterno piacer . Aessthetic Ideas in Dante , raccoglie quel che ha pensato e insegnato su Dante per decenni (aveva la cattedra di Studi Danteschi allo University College di Londra). Eppure, dal profumo che hanno i pensieri nuovi: perché sempre a fondo meditati, non semplicistici, sensatamente innovativi, come nella migliore tradizione britannica. E, naturalmente, inquadrati in una visione d’insieme onnicomprensiva, all’insegna delle tre idee fondamentali del poeta: amore, essere, intelletto. Spesso, poi, i libri su Dante si concentrano su una delle sue opere (di preferenza, la Commedia ) tendendo a collocare in secondo piano le altre. Qui invece c’è tutto, e tutto equanimemente discusso: Petrise e De vulgari , Paradiso e Tenzone con Forese , Fiore e Lettera a Cangrande .

Preceduto da una Prefazione che va al di là dei normali confini di una prefazione, Dante è poi introdotto da doppie Considerazioni preliminari storiche e biografiche nelle quali la sezione intitolata Suscettibilità e l’incontro significativo si presenta come resoconto ricchissimo della vita culturale fiorentina nella seconda metà del Duecento e contemporaneamente contiene una splendida descrizione del carattere di Dante da ragazzo: «una reattività più acuta dell’ordinario al mondo circostante, alle vedute e ai suoni, agitati e frenetici da una parte, bucolicamente calmi dall’all’altra, della città e della campagna, […] una memoria prodigiosa di uomini e luoghi, e soprattutto un piacere nel creare il mito, nell’estrarre dalla sparsa e frammentaria sostanza della propria esperienza la trasparenza dell’idea dominante». Le linee guida del Dante di Took sono tutte qui, ricche di potenzialità soprattutto nella declinazione di quella trasparenza finale. Il grosso del libro è infatti diviso in tre parti, Primi anni , Anni di mezzo e Ultimi anni , il primo dei quali è un resoconto dell’attività di Dante come poeta lirico dall’epoca della prima corrispondenza con Dante da Maiano sino alla Vita nuova quale risoluzione di quella stessa attività in termini di «un sicuro senso dell’amore ora sentito e concepito come principio di auto-trascendenza: del conoscer se stesso nella sostanza adesso propriamente estatica del sé». Amore e intelligenza d’amore sono a questo punto le preoccupazioni centrali di Dante, e tali resteranno per sempre. Se al Dante “guittoniano” ne succede uno “cavalcantiano” e poi uno “guinizzelliano”, ecco infine emergere un Dante “dantesco” con la Vita nuova , il libello nell’interpretazione del quale hanno finalmente spazio la fenomenologia (già anni fa Took aveva pubblicato Dante’s Phenomenology of Being ) e la metafisica. La Vita nuova , dunque, «che comprende in un solo moto della mente e dell’immaginazione le sue preoccupazioni principali, sfida le interpretazioni rapide e semplici, perché ciascuna di tali preoccupazioni è insita nell’altra ed è a sua volta presa dall’altra. Da una parte abbiamo infatti l’aspetto affettivo-filosofico del libro, l’amore, che costituisce per il Dante della Vita nuova non meno che per quello della Commedia un principio – il principio dell’essere e del divenire propriamente umani, «quello per il quale l’individuo attento alla finalità della sua – di lui o di lei – presenza propriamente umana nel mondo si impadronisce di quella finalità in tutta la sua sostanza estatica». Dall’altra, c’è invece l’aspetto estetico-letterario, dove l’amore al centro dell’essere di Dante coglie i suoi primi grandi frutti filosofici e poetici e la stessa Vita nuova finisce per essere una «Divina commedia a minore». Vengono ora gli anni di mezzo e con essi il Convivio , quel trattato in volgare nel quale Dante si presenta come autoesegeta, commentatore di se stesso. Il Convivio , saggio «sulla bellezza, sull’essere e sul divenire» (ma essere e divenire «ancora in attesa») che conserva l’impulso del suo antecedente nella Metafisica di Aristotele, ha per argomento il «secondo amore» di Dante, la filosofia «come amore della sapienza soprattutto nella mente divina, e anzi in quanto costitutiva della mente divina». Il secondo amore di Dante, inteso in questo modo, «crea nell’amante qualcosa di simile al senso per il quale il suo essere nel mondo si trova dappertutto e in nessun luogo, e dà forma a un ordine di esistenza che onora i parametri abituali della coscienza ma allo stesso tempo li trascende in nome e per conto di qualcosa che in toto è più sublime». L’influenza determinante, qui, di due saggi di Kenelm Foster sulla Mente innamorata e su Religione e filosofia in Dante , permette a Took di leggere il Convivio nella sua totalità, e soprattutto quale fenomenale libro di auto-esegesi dominato dallo stupore e dalla «magnanimità»: opera d’amore, nell’amore, sull’amore. Allo stesso modo, il De vulgari ha, in profondità, a che vedere con l’«ontologizzazione dell’arte», mentre in superficie si occupa della lingua e costruisce la prima storia della letteratura nei volgari di Provenza e d’Italia. Chi, a questo punto, si attende una lettura tradizionale della Divina Commedia sarà sorpreso di trovarcela, nel Dante di Took, corredata dei personaggi canonici come Paolo e Francesca, Farinata, Ulisse, Ugolino, e dall’esame attento dei temi etici e teologici che ricorrono nel poema. Ma vi troverà anche qualcosa di più: la formula quasi magica che ne riassuma in forma memorabile la direzione centrale. Per esempio: «Quello di Dante nella Commedia è un viaggio dentro la mente di Dio in quanto comprendente tutto ciò che è nell’universo in armonia con le sue proprie ragioni, l’“indiarsi” o movimento del sé in Dio costituendo la causa finale di ogni sforzo spirituale». Oppure, più pienamente: «Tra i miracoli della Commedia c’è la fabbricazione, da ciò che appare come un’odissea mitica dell’anima attraverso i tre regni della vita dopo la morte, di un’analitica esistenziale di potenza e precisione senza pari» aperta a una antropologia fondamentale, a una dialettica dell’essere, a una fenomenologia dell’esistenza. È la ragione per la quale la «serietà terribile» che Gianfranco Contini rilevava come il dato più apparente della personalità di Dante può divenire «coruscazione» del diletto dell’anima mentre il poema si avvicina alla sua meta, l’incontro con l’Essere e l’Amore supremo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Dante John Took Princeton University Press,
Princeton and London, pagg. XXIII+581, $ 35/£ 30  

Dante/2. Nel Padiso le vette della lingua e dello stile

Nato a Padova nel 1935, Emilio Pasquini è morto a Bologna lo scorso 3 novembre all’età di 85 anni. Professore emerito dell’Università di Bologna, è stato uno dei più prestigiosi docenti di Letteratura italiana nel mondo e tra i massimi studiosi di Dante, al quale ha dedicato decine di studi e soprattutto la magistrale edizione commentata della Commedia in collaborazione con Antonio Enzo Quaglio (Garzanti 1982-1986). Su Dante, che sapeva letteralmente a memoria, ha scritto numerosi libri, tra cui Dante e le figure del vero (Bruno Mondadori 2001), Vita di Dante. I giorni e le opere (Bur 2006), Il viaggio di Dante. Storia illustrata della Commedia (Carocci 2015). Pasquini è stato tra i pochi in grado di abbracciare in modo insieme essenziale e completo l’opera di Dante e di farlo in modo capillare e sintetico, con precisione e senza pedanteria, sicurezza di dati e coinvolgente leggerezza di scrittura. Al fondo e al termine del suo lavoro quarantennale risalta un’idea forte, di quelle che restano, fanno riflettere e obbligano a una rilettura globale della Commedia dantesca: «il Paradiso come compimento di un itinerario figurale», approdo di una ricerca che ha occupato l’intera vita di Dante, verifica e conferma delle sue graduali conquiste all’interno di un sistema dove tutto tiene. Lo sperimentalismo di Dante, il suo «bruciare una tappa dopo l’altra, quasi ripartendo da zero», è quindi interno alla stessa Commedia, che è opera che matura su se stessa, pervenendo nel corso di un assiduo work in progress alla perfezione del Paradiso . È quindi nell’ultima cantica che lo stile e la forza espressiva di Dante raggiungono il culmine. Questa «visuale progressiva» induce a un capovolgimento dell’interpretazione corrente della Commedia (e di conseguenza dell’intera opera di Dante), con evidenti riflessi anche sulla sua lettura scolastica e collettiva, specie alle soglie del prossimo centenario del 2021. Pasquini tende a rovesciare la lettura romantica e desanctisiana, propensa a privilegiare la drammaticità dell’ Inferno . Nel Paradiso «Dante è un artefice e un poeta di ben altra stazza», che rispetto alle precedenti cantiche «è cresciuto non poco nel dominio della sintassi e dello stile», nella reinvenzione «metaforico-simbolica della realtà», nel rapporto con i modelli antichi, gli amati auctores dai quali egli ha «ormai tratto l’essenziale per i propri scopi, il nutrimento materno che lo fa crescere». Nella risistemazione gerarchica dell’opera dantesca, Pasquini assegna dunque al Paradiso il seggio più alto, mostrando come la speculazione teologica non contrasti ma favorisca l’invenzione letteraria. Pasquini è stato studioso profondo, originale e innovativo dei primi secoli della letteratura italiana e ha fornito contributi determinanti su San Francesco, lo Stil Novo, Petrarca, la poesia fra Trecento e Quattrocento, Burchiello e Leon Battista Alberti, in buona parte confluiti nei volumi Le botteghe della poesia. Studi sul Tre-Quattrocento italiano (il Mulino 1995) e Fra Due e Quattrocento. Cronotopi letterari in Italia (Angeli 2012). Sul piano filologico sono stati fondamentali l’edizione critica delle Rime di Simone Serdini detto il Saviozzo (Commissione per i testi di lingua 1965) e i numerosi lavori preparatori per l’edizione dei Trionfi di Petrarca. Tema rilevante è stato il «dantismo petrarchesco». Pasquini è intervenuto in un percorso critico plurisecolare che risale al carteggio degli amici Petrarca e Boccaccio. Alla ferma negazione di Petrarca dell’influsso dantesco fu Boccaccio stesso a non credere. Gli studi hanno mostrato come nell’opera di Petrarca l’eredità dantesca sia sempre presente, per affinità e per opposizione e Pasquini ne ha discusso una quantità di riscontri, smentendo nel concreto il diniego petrarchesco. Oltre la specifica questione del dantismo di Petrarca, il discorso ha assunto un valore metodologico generale in merito all’importanza da assegnare alle fonti letterarie, anche nel contesto della « anxiety of influence » indicata da Harold Bloom. Altro importante versante di studi è stato quello rinascimentale, in cui ha esaminato soprattutto le opere di Francesco Guicciardini, i Ricordi e la Storia d’Italia , seguendo e rinnovando il percorso tracciato dal suo maestro Raffaele Spongano. In particolare, ha messo a fuoco la centralità dei Ricordi di Guicciardini nella tradizione moralistica e aforistica moderna, capostipiti della linea proseguita dai Saggi di Montaigne, gli Aforismipolitici di Campanella, l’ Oracolo manuale di Gracián, le Massime di La Rochefoucauld, i Pensieri di Pascal, i Caratteri di La Bruyère. Di non minore rilievo gli studi su Leopardi e Carducci, raccolti nel volume Ottocento letterario. Dalla periferia al centro (Carocci 2001), e su Montale, di cui ha indagato soprattutto Satura e i Mottetti . Per Giosuè Carducci ha indicato «il segno distintivo» nel «coerente sperimentalismo applicato a una molteplicità di forme e a una pluralità di contenuti»; mentre sul più ampio piano etico e politico ha riconosciuto nell’«accettazione piena della vita che esorcizza il male di vivere» il suo messaggio sintetico e finale. Nonostante possa sembrare «inattuale», per Pasquini l’eredità volitiva e laica di Carducci intellettuale e scrittore può diventare invece modello e prospettiva di una rinascita della cultura, dell’istruzione e della ricerca nel nostro Paese, oggi quanto mai necessaria e urgente.

In questa pagina del blog sono riportati tutti gli articoli pubblicati nella IV pag. de Il Sole 24 Ore, Domenica, 22 novembre 2020

 

3 Responses to L’OFFICINA DANTESCA

  1. Amatore Salatino ha detto:

    Splendido Signor A. Martino, buongiorno. Spero di trovarLa bene.Quanto è bello e coinvolgente il Suo parlare. Con tanta umiltà ho pensato di sedermi, che Dio m’abbracci, ad un immaginario banco di scuola, come al Liceo, ed ascoltare e leggere quello che scrive o comunica sul Suo blog. Sono affascinato dal vasto Orizzonte della Sua cultura, che mi segnala e scrive di Autori, Scrittori e relative Opere, di cui solo ora, attraverso le Sue News, vengo a conoscenza. La ringrazio di tutto quanto mette a disposizione, per alimentare ancora e far rivivere l’entusiasmo d’uno strano Amore per gli ‘Spiriti Magni’, in me mai sopito. Sono ancora assetato di conoscenza, che la mia lentezza mi fa assaporare ancora di più. Le sono veramente grato. Un cordiale abbraccio. Amatore Salatino

    • Antonio ha detto:

      Egregio Signor A. Salatino, La ringrazio molto sentitamente ericonoscente, ma mi permetta di avertirLa che esagera, e non poco, nel giudicarmi. Ricambio cordialmente il Suo abbraccio. Antonio Martino

      • Amatore Salatino ha detto:

        Leggo solo ora. Gentilissimo Signor A. Martino, Buona Festa dell’Immacolata. La mia ammirazione per Lei è sincera. Un caloroso abbraccio. Amatore Salatino

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