NAPOLI TRA CUNTI E LEGGENDE di Angelo Colangelo
È bello e consolante vedere che, in un tempo in cui la maggior parte delle persone, senza distinzione di sesso, di età, d’istruzione o di ceto sociale, è orientata diversamente, sollecitata dalla persuasione occulta che esercitano i moderni mezzi di comunicazione di massa, esiste ancora chi si ribella alle mode imperanti. C’è una eroica minoranza che, anziché essere attratta dal seducente ma pericoloso mondo dei social, ostinatamente riversa la sua attenzione verso un mondo ormai dimenticato dai più e solo apparentemente inutile.
Voglio dire delle persone che si rivelano ancora capaci di apprezzare il ricco patrimonio di leggende, favole, miti, storie che nel passato sono servite a intere generazioni, per coltivare la propria formazione intellettuale e spirituale e per trarne, perché no, un piacevole diletto.
La consolante conferma che leggende e cunti hanno ancora molto da dire, è arrivata da un bel volume, la cui lettura ha avuto, peraltro, il merito di farmi compiere, con un salto acrobatico molto pericoloso alla mia età, un viaggio a ritroso nella città di Napoli. Vale a dire nella splendida città, che mi accolse ospitalmente negli anni ormai lontani e mai dimenticati degli studi universitari.
Il libro “Leggende e cunti … a modo nostro”, curato da Antonio Sinisgallo, uno stiglianese trapiantato a Napoli, e stampato presso la Grafica Elettronica di Napoli nello scorso dicembre, è un’antologia di scritti vari proposti dagli allievi dello stesso Sinisgallo, che hanno voluto implementare e valorizzare il loro corso di scrittura creativa, riscrivendo e raccontando liberamente leggende e cunti legati alla storia e alla tradizione napoletana.
Evidentemente è risultata importante, oltre alla tradizione popolare, la scelta delle fonti letterarie cui hanno deciso di attingere. Si sa che, al riguardo, molti sono gli autori che a Napoli hanno dato lustro a questo genere letterario, da alcuni ingiustamente considerato minore. Eppure, esso riusci a stuzzicare perfino l’interesse di Benedetto Croce, che dette vita a un’opera di straordinario valore come “Storie e leggende napoletane”.
Tra le varie fonti utilizzate dagli autori dell’opera di cui ci occupiamo, sono particolarmente degne di nota alcune opere, che il curatore ha provveduto a ricordare nella breve premessa: “Leggende napoletane” di Matilde Serao, “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile, “Fiabe Campane” di Roberto De Simone.
Ma ciò che preme sottolineare è la felice scelta stilistica, che è stata adottata e che ha consentito di realizzare una leggera e briosa narrazione in forma dialogata, in cui soffia assiduamente lo spirito partenopeo.
Già la lettura delle prime pagine, perciò, ha richiamato alla mia mente un classico del genere, ossia i “Dialoghi” di Luciano di Samosata, uno scrittore greco del II secolo dopo Cristo molto familiare agli studenti ginnasiali della mia generazione.
Anche nel libro “Leggende e cunti … a modo nostro”, infatti, si assiste a una meravigliosa parata di storie e di favole che vedono protagonisti Vesuvio e Sebeto, la ninfa Partenope e la Sibilla cumana, e poi donna Regina, donna Romita e donna Albina.
E, ancora, leggiamo le travolgenti e tragiche storie di amore di Maria d’Avalos e donna Anna Carafa; i comportamenti umorali del Monaciello dispettoso, capace di dispensare gioie e dolori; la tenera vicenda della mirabile scultura del Cristo Velato; la mirabolante impresa del misterioso mago, che ingenuamente si lascia sottrarre il brevetto della sua “succulenta” invenzione da una intraprendente popolana.
Insomma, nel bel libro curato da Antonio Sinisgallo sfilano le mille “maschere” attraverso le quali si manifesta il volto vero e autentico di Napoli, una città unica al mondo, che gli dei benevoli provvidero a fondare nella notte dei tempi. Una città che rimane affascinante, non ostante tutto.
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Caro Antonio,
é possibile far integrare questo invito alla lettura con l’indice? Mi farebbe piacere il titolo delle novelle per verificare se alcune di esse siano arrivate da Napoli sino a noi, entroterra del Regno di questa città che ancor ora si fa amare, ma, a mio giudizio, favolosa e pittoresca fino a prima del terremoto degli anni 80.
Immagina il mio stupore quando, all’inizio degli anni 70, nella funicolare che mi portava da via Toledo su al Vomero entra un signore con una sporticella di vimini sottobraccio contenente cianfrusaglie varie che proponeva l’acquisto con questo accorato invito: “Caramelle, signori, caramelle e(rivolto a me) signurì vendo caramelle anche a rate!”
Ho controllato su internet che la raccolta non é in vendita, ma la conoscenza almeno dei titoli in indice potrebbe aiutarmi a soddisfare la curiosità sopra espressa.
Grazie,
Mimmo