Titina facendomi compagnia legge Rabatana. Mi segnala un ricordo di Mons. Raffaello delle Nocche (e di mio padre) postato il 25 novembre 2016 e i commenti.
Gilberto Marselli parla della partecipazione del Vescovo per la morte di Rocco Scotellaro, di cui io ero già a conoscenza. Chiedo a Titina di darne conoscenza riproponendo il ricordo e, in premessa, il commento di Gilberto e la mia risposta.

GILBERTO. Io ebbi l’onore d incontrare direttamente Mons. Delle Nocche nel corso delle mie molte visite a Tricarico prima e dopo la morte di Rocco Scotellaro. Ma il ricordo più caro mi riporta alla triste circostanza della morte di Rocco. Fui io a darne notizia al Vescovo che, a suo tempo, aveva voluto ospitare nei locali del Vescovado il materiale dell’ospedale militare americano requisito da Rocco Sindaco socialista e che, poi, avrebbe data la possibilità, a Tricarico, di avere un suo ospedale. Mi disse che avrebbe partecipato ai funerali, ma a patto che non vi fossero bandiere rosse. Gli feci presente che sarebbe stato impossibile impedire la presenza di bandiere rosse nel corteo funebre. Allora mi disse che vi avrebbe virtualmente partecipato raccogliendosi in preghiera. Fu evidente che ciò gli dispiaceva moltissimo. In quell’occasione non riuscii a non commuovermi in modo particolare per la sincera partecipazione del Vescovo a quella grave perdita per tutta la comunità tricaricese e non mi fu difficile ritrovare in Mons. Delle Nocche le caratteristiche proprie di noi napoletani: appartenevamo entrambi alla stessa cultura antropologica….
MIA RISPOSTA: Caro Gilberto, Conoscevo già questa tua esperienza e, ora che la ripeti, torna a commuovermi. Chi, morendo, ebbe tanto cuore di pensare al mio dolore per la morte di mio padre, non poteva che pensare intensamente alla grave perdita che la morte di Rocco rappresentava per la sua comunità diocesana e, personalmente, rappresentava per la prof. Carmela Scotellaro, cugina di Rocco e attiva dirigente della “sua” azione cattolica…

RICORDO

Il 25 novembre 1960 – 56 anni fa – moriva mons. Raffaello Delle Nocche, legando il suo nome al più lungo e memorabile episcopato di Tricarico (dal 1922 al 1960).

      Rocco Scotellaro in Contadini del sud lascerà di lui il seguente ricordo: «… uno dei vescovi moderni che attivizza il clero della diocesi e lo impegna in istituzioni benefiche, dagli asili ai mendicicomi e manda in Italia e all’estero fino in Brasile le Suore di Gesù Eucaristico, congregazione da lui creata. A Tricarico ha dato muri nuovi e impianti moderni alla vecchia casa vescovile, ai monasteri di Sant’Antonio e di Santa Chiara già morti ruderi per colombi e cornacchie, ora squillanti di campanelli elettrici e voci femminili delle suore, delle convittrici del magistrale parificato, delle allieve delle scuole di taglio e di cucito e di ricamo e ha dato energia, gentilezza ed eleganza ai sacerdoti, sebbene molti di questi, i vecchi, ancora impenetrabili come contadini, altri, i giovani, diplomatici e faziosi».

     Alla morte di un vescovo gli occhi dei fedeli sono rivolti al Vaticano e si aspetta la nomina del nuovo vescovo, che è nominato senza coinvolgimento della diocesi al fine di individuare i propri bisogni, i propri punti di forza, le proprie fragilità e le proprie potenzialità. Questa procedura è segno grave. Pio XII, Pontefice misconosciuto e calunniato, nel 1950 aveva detto: «Là dove non appare nessuna manifestazione di opinione pubblica […] occorre  vedervi un vizio, un’infermità, una malattia della vita sociale. Così anche in seno alla Chiesa: essa, corpo vivente, mancherebbe di qualcosa di vitale se l’opinione pubblica mancasse, e questo sarebbe un difetto che ricadrebbe sui pastori e sui fedeli». L’attuale postconcilio appare già pienamente presente al tempo di papa Pacelli e operoso, con la nomina a vescovo di Tricarico, nel 1922, di mons. Delle Nocche: per grazia divina o, per chi non crede, misteriosamente. Egli non aveva ambizioni di carriera – e lo dimostrò. Dopo il primo impatto con la diocesi che gli era stata assegnata, capì che quanto era maturato nella sua formazione di prete aveva trovato uno storico banco di prova.

      Mons. Delle Nocche apparteneva a una famiglia benestante di Marano, a nord di Napoli, e durante il lungo suo ministero episcopale nella diocesi vendette alcune proprietà per far fronte alle necessità delle sue straordinarie opere benefiche.

      Laureato in scienze naturali, fece impiantare nel proprio giardino alberi da frutta e la vigna. La gente disse: – Ha piantato la vigna: questo resta! –

      La notte tra il quarto e il terzo giorno prima della sua morte,  ancora vibravano nell’aria le note della Rapsodia in blu, di un  Americano a Parigi, di Porgy ad Bess – l’unico canale televisivo in bianco e nero esistente aveva appena cessato di trasmettere un interminabile film sulla breve vita di George Gershwin -, che una improvvisa crisi cardio-respiratoria fulminò mio padre. Mons. Delle Nocche, nelle sua agonia, trovò la forza di farmi avere,  tramite don Gaspare Sarli, segretario della Curia, le sue condoglianze e la sua benedizione .

      Mons. Delle Nocche è stato un grande maestro dello spirito. L’incontro con lui – come afferma don Benì Perrone nella pregevole biografia del suo vescovo – può essere a un tempo suggestione, riflessione e stimolo alla riscoperta dei grandi ideali. «L’aspirazione più profonda del Vescovo – scrive ancora don Benì – fu il bene delle anime affidate alle sue cure spirituali, ideale al quale, nella sua scala di valori, tutto doveva essere subordinato. Sapeva però che l’uomo si salva nella storia, vivendo la sua appartenenza alla città terrena con tutte le implicazioni e le responsabilità che questo comporta».

      A chi intendesse avere un incontro con questo maestro dello spirito non so consigliare altro che la lettura della citata biografia. Non si parla di un vescovo qualsiasi, adattabile alle proprie ideologie, ma di un vescovo di un determinato tempo e di un determinato luogo. Il tempo è quello dei cattolici nati dopo la presa di Roma (mons. Delle Nocche nacque nel 1877), che ebbero il tempo di sentire ancora gli echi del profetismo conservatore di Joseph de Maistre, ma furono scossi dal lungimirante magistero di Leone XIII, che, soprattutto con la De Rerum Novarum, seppe indicare la via maestra per una realistica presenza della Chiesa in un mondo che cambia vertiginosamente. Si realizzò allora una temperie culturale e religiosa – nella quale Delle Nocche si sentì pienamente coinvolto – che storicizzò il profetismo cattolico, spingendo a operare nella società, e spiega vicende come quelle di Murri, di Sturzo, dei fratelli Monterisi.

      Concludo citando dall’ultima pagina della Introduzione della suddetta biografia. «Don Giuseppe De Luca scrisse: “La vita di un vescovo può diventare una storia grandissima [….] Non ci si pensa, forse non c’è nulla di più bello nella storia del mondo da che è venuto il cristianesimo, non c’è nulla di più caro di questi vescovi, di questi parroci che tra cento miserie e mille tristezze hanno governato il loro gregge tra i monti, lungo i mari, sui fiumi, in plaghe deserte, in città paurose più dei deserti.

       Una di queste storie belle è quella di monsignor Raffaello Delle Nocche».

 

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