OMAGGIO ALL’AMICO ANGELO COLANGELO

Peppe Desopo, Peppe Stalìn con l’accento sulla ì, ci ha lasciato un interessante volume postumo «Materiali per una storia economica e sociale di Tricarico (secc. XVIII – XIX), Rocco Curto editore 1992, con presentazione di Carmela Biscaglia, composto di quattro sezioni.

La più corposa (pagg. da 17 a 52) riguarda «Il Catasto Onciario di Tricarico». Le altre tre sono: «Le Opere pie ed i Monti frumentari di Basilicata nel 1861» «Il credito mutuo in Basilicata» – «La questione demaniale»(con particolare riferimento alla Grancia di Santa Maria Maddalena di Tricarico).
La pubblicazione del volume fu curata da amici di Peppe per ricordare il suo impegno civile e l’attaccamento alla sua terra natale.

Il catasto onciario di Tricarico – spiega Carmela Biscaglia nella Presentazione – è composto di 1628 fogli  e costituisce una delle più preziose fonti documentarie per ritessere, attraverso varie letture, la storia di Tricarico sul finire dell’antico regime.

Ogni comune (università) elaborò il proprio catasto onciario, che, inteso in senso globale è una fra le più importanti fonti per lo studio della storia economica e sociale dell’Italia Meridionale.
Nel 1740 il re Carlo Di Borbone (Carlo di Borbone senza numero, asceso al trono del regno che riacquistò l’indipendenza dopo due secoli, e dal 1759, come Carlo III, re di Spagna) dispose la compilazione del catasto in ogni università.
Dal 1741 al 1742 la regia camera della sommaria (organo amministrativo, giurisdizionale e consultivo, con la principale funzione di esaminare i conti di tutti i funzionari ai quali era affidato denaro pubblico) emanò istruzioni per la compilazione dei catasti e, a settembre del 1742, stabilì i termini di consegna del censimento catastale entro quattro mesi. Di fatto, la camera tutelava le universitates dagli abusi dei baroni e dei governatori). Fu soppressa nel 1807 da Giuseppe Bonaparte – re di Napoli dal 1806 al 1808 – e sostituita dalla corte dei conti.

Dieci anni più tardi molte università non avevano ancora completato il lavoro, ed il re decise di inviare suoi commissari per supportare quei comuni che non erano stati in grado o non avevano ancora completato la redazione.
Le università di Tricarico e di Grassano non elaborarono il catasto nei quattro mesi assegnati dalla regia camera della sommaria (e sarebbe interessante sapere se una qualche università riuscì a provvedere in tempo; ne dubito e ritengo che le università di Tricarico e di Grassano siano da elogiare).

Il risultato complessivo fu una sorta di censimento dell’intera popolazione dell’Italia meridionale completo di età, professioni e proprietà, non escluso il bestiame. A ciascuna università era dato il compito di redigerne due copie, una da conservare presso l’università per eventuali aggiornamenti e l’altra da inviare a Napoli alla regia camera della sommaria. Da allora molte delle copie conservate localmente sono andate distrutte o consegnate agli archivi provinciali. Le copie inviate a Napoli sono ora conservate in una speciale sezione dell’archivio di Stato.

La finalità era quella di uniformare e mettere ordine nel campo tributario, rilevando con precisione l’ammontare della popolazione e garantendo la ripartizione del carico fiscale in base alle effettive possibilità e ai beni posseduti. Le informazioni demografiche, peraltro, sono lacunose, poiché nel catasto non erano iscritte le famiglie prive di beni e quelle esentate dai  pagamenti.

Il catasto si chiama onciario perché basato sull’oncia, che era una moneta di conto, ossia una moneta senza una esistenza fisica, essendo utilizzata come semplice misura del valore dei beni. Sei once moltiplicate per sei ducati danno il capitale imponibile, moltiplicate per tre carlini danno il reddito imponibile.

La presentazione della prof. Biscaglia, contenuta in sette pagine, illustra con semplicità e chiarezza le molteplici questioni trattate da Desopo. Lascio a lei la conclusione, in primo luogo con l’annotazione che Desopo aveva già manifestato i suoi interessi storici e numismatici con le pubblicazioni in varie pubblicazioni: «L’educazione fisica morale e scientifica nell’opera di Nicola Micele da Senise, Nuove varianti e curiosità nelle monete borboniche napoletane»; «L’evoluzione storica della tecnica monetaria e delle varianti della Zecca di Napoli dal 1516 al 1589»; nonché, in collaborazione con Michele Frascione, aveva curato i volumi di carattere didattico: «Paramorfismi e difetti degli arti inferiori. Teoria e tecnica della ginnastica correttiua e Pararnorfismi della cinturascapolo-omerale. Teoria e tecnica della ginnastica correttiva». «Egli – chiosa la prof. Biscaglia questa prima parte introduttiva della sua introduzione – è la figura di studioso in fieri – al quale non mancarono strumenti intellettivi ed intuito di ricercatore – condizionato nei referenti metodologici ed in quella guida indispensabile per chi opera al di fuori della ricerca istituzionalizzata, nella misura in cui non sempre riesce ad impostare in termini di rigorosa scientificità i risultati del suo lavoro.

Seppe, peraltro, essere partecipe di quella sensibilità culturale, diffusasi anche nei centri minori della Basilicata, caratterizzante l’ambiente potentino tra il ’60 ed il ’70, – intrattenendo rapporti con Tommaso Pedio – che andava affinando gli strumenti per accedere a più obiettive conoscenze del passato regionale. Ciò anche sotto l’impulso delle indagini condotte da Dinu Adamesteanu che, con metodologie nuove, gettava le basi dell’archeologia lucana ed incentivava iniziative culturali parallele, volte a tentare prime sintesi degli aspetti storico-artistici dell’antica Lucania. Ebbe, pertanto, modo di presentare al Convegno di Studi di Archeologia, Storia dell’Arte e del Folklore, organizzato dalla Biblioteca Provinciale di Potenza e tenutosi ad Oppido Lucano nell’aprile del 1970, sul tema “Antiche civiltà lucane“, un suo contributo dal titolo «Una pagina di storia nella diocesi di Tricarico nell’età sueuo-angioina», pubblicato negli Atti del Convegno a cura di Pietro Borraro del 1975″.

Il carissimo GIL – Gilberto Marselli – riteneva il catasto onciario nobile ed accurato strumento di conoscenza di una data realtà, fonte preziosa di utilissime informazioni per una più articolata conoscenza delle realtà in quel periodo storico. Mi riferiva, inoltre, che anch’egli vi fece ricorso, più volte, durante le sue ricerche in Basilicata (soprattutto a Chiaromonte, a Senise, ad Avigliano, a Montecaglioso e, naturalmente, a Tricarico e a Grassano.

 

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