PRESENTAZIONE

Il 9 dicembre del 2019, presso l’Istituto Luigi Sturzo si è tenuto il Seminario di studi Emilio Colombo. Protagonista della storia italiana ed europea del Novecento. L’incontro si è svolto alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e sotto l’altro patrocinio del Parlamento europeo.

Il Seminario ha inteso rendere omaggio alla figura di uno dei più importanti protagonisti della storia italiana, ed europea, del Novecento, offrendo un ricordo dell’attività da lui svolta sia a livello nazionale che internazionale. E dando conto del suo impegno come uomo del Sud, come statista e come europeista.

L’incontro ha rappresentato, altresì, l’occasione per presentare l’archivio personale di Emilio Colombo, recentemente acquisito da parte delll’     Istituto Sturzo, e per il cui riordinamento è stata, contestualmente all”evento, firmata una Convenzione con l’Istituto Universitario Europeo di Firenze (Archivi Storici del” Unione europea).

Gli interventi che riportiamo di seguito, tranne una breve appendice, rappresentano la sistemazione, da parte degli autori, delle relazioni svolte in quella giornata.

INTRODUZIONE di Nicola Antonetti

Avviamo oggi un percorso di studi per un’attenta e doverosa rivisitazione dell’opera di Emilio Colombo. Cioè di una delle maggiori personalità del cattolicesimo democratico che ha operato nell’ultimo dopoguerra. L’iniziativa nasce nell’Istituto Luigi Sturzo dove sono raccolte le carte di Colombo. Può  e, anzi, deve nascere qui da noi, perché in questa sede sono collocati anche gli archivi di molti dei politici che, come Colombo, sono stati protagonisti della storia della Dc, della storia del nostro paese, della storia europea (da Sturzo ad Andreotti e Piccioni, da Malvestiti a Piccoli e a tanti altri).

Un tale formidabile deposito archivistico (peraltro, in costante incremento) consente documentate comparazioni sulle motivazioni e sugli indirizzi espressi in sede politica da ciascuno dei protagonisti; consente, soprattutto, di definire in un’ottica più ampia l’azione dell’intera classe dirigente democristiana nei processi di modernizzazione dell’Italia e della stessa Europa.

Proprio attraverso l’analisi accurata dell’opera di Colombo nel partito, nei più alti vertici del governo e delle istituzioni europee, pare ormai possibile ampliare alcuni dei criteri interpretativi usati finora dalla storiografia nella ricostruzione dei vari livelli politici sui quali si è svolta l’attività della Dc e dei cattolici in genere nell’ultimo dopoguerra. È noto che l’evolversi degli studi ha portato da tempo a porre distinzioni generazionali (politiche e culturali) tra l’azione dei “vecchi” (dei popolari) e quella della “seconda generazione”, dal cui impegno diretto è nata la Costituzione repubblicana ed è stato avviato una ultraquarantennale esperienza di governo. Ora, mi pare che tali distinzioni vadano integrate e in questa direzione ci aiuterà uno studio sempre più accurato dell’opera dello statista lucano.

Colombo era uno di quei giovani che a soli 26 anni entrò in Assemblea costituente per rimanere in Parlamento fino al 1992. Egli era un giovane del Sud: portava con sé, oltre la formazione religiosa acquisita nell’Azione cattolica, una visione immediata delle condizioni sociali del  Mezzogiorno nel passaggio epocale (in campo politico e istituzionale) verso la democrazia. Come gli altri giovani del Sud non aveva esperienza, se non indiretta, della Resistenza, ma era consapevole partecipe di quello  che divenne immediatamente – come ebbe a definirlo Moro nel 1945 in polemica con Nenni – il “vento democratico del Sud” con la sua storia particolare e con il suo destino nello Stato democratico. Tale impronta, assieme a una profonda spiritualità, non lo abbandonò mai. Colombo fece sue le aspettative di giustizia sociale avanzate dai “professorini” dossettiani, ma non condivise la loro idea che la politica bastasse per una palingenesi globale della società.

Piuttosto, fu erede di quella consapevolezza dei limiti sempre presenti nell’azione riformatrice della politica sempre teorizzata dallo stesso De Gasperi. Colombo operò perché la Dc adeguasse i suoi comportamenti alle rapide trasformazioni della società e alle rinnovate esigenze di giustizia sociale. Non volle neanche che un partito laico come il suo fosse attratto da forme ideologizzate (pur di tipo religioso) di lotta politica: per lui la Dc era quel «partito di centro che guarda a sinistra››, secondo la formula degasperiana, e non era consentito alla classe dirigente democristiana sottrarsi al complessivo mandato politico affidato ad essa da una pluralità di forze e di interessi. Qualificò in questo modo il suo impegno nella lunga azione di governo esprimendo la sua coerenza nell’°attitudine verso soluzioni meditate e consapevoli delle questioni interne ed esterne al partito, specie in campo sociale ed economico. Non a caso, dopo il ritiro di Dossetti dalla politica, fu tra i protagonisti agli inizi degli anni ’50 fella componente di Iniziativa democratica e poi della corrente dorotea, rimanendo fino in fondo convinto della necessaria fedeltà del partito sui suoi princìpi ispiratori. Non a caso ancora nel 1995, per non disperdere l’eredità democristiana, scongiurò, assieme a Gerardo Bianco, la crisi del nuovo Partito popolare. Già agli inizi della sua esperienza parlamentare Colombo, in qualità di sottosegretario all’Agricoltura, fu inviato, con mandato diretto di De Gasperi, a risolvere la difficile situazione che si era creata in Calabria dopo l’eccidio di Melissa. La sua fu una missione condotta con successo, nella quale ottenne la conciliazione delle diverse esigenze presenti sul territorio: con il suo lodo che affidava terre incolte ai contadini bisognosi riuscì a disinnescare il pericolo di una progressiva e tragica conflttualità sociale. Fu un tentativo riuscito di creare condizioni stabili per l’acquisizione da parte delle classi più deboli dei diritti democratici di cittadinanza e di partecipazione: era quella, del resto, la traccia aperta da Keynes per l’incremento necessario nel dopoguerra di forme nuove di welfare State.

Come testimoniò Colombo, lo stesso De Gasperi gli aveva chiesto una relazione (già chiesta anche a Segni, ministro dell’Agricoltura) ponendogli un grave quesito: «Beh! Ma allora secondo te, la dobbiamo proprio dare la terra ai contadini?››, La risposta di Colombo fu: «Guardi, se io tengo presenti le condizioni sociali e di vita di questi contadini – che sono una parte molto importante dell’elettorato – e quelle degli abitanti del Mezzogiorno, credo che occorra dargliela››.[1] De Gasperi acconsentì, con una integrazione, che, afferma Colombo, dimostrava la statura dell’uomo: «Sì, hai ragione, non solo per le condizioni di carattere sociale, ma anche per- ché se questi contadini avranno la proprietà e potranno vivere in maniera autonoma e libera, si sentiranno cittadini veri della Repubblica italiana››[2]

In un’intervista a «Il Popolo» Colombo precisava[3]:

Ciò che qui maggiormente esaspera le condizioni di spirito dei poveri con- tadini è la presenza di una proprietà privata che con la sua vastità e con il suo assenteismo offende la loro miseria. E, purtroppo, l’ombra di questi proprietari assenti coinvolge nel giudizio negativo anche l’opera di quei pochi, molto pochi, in verità, che hanno fatto qualche passo avanti. Un segno di questa volontà sociale furono le procedure di sfratto alle cooperative di contadini iniziate in questo ultimo periodo ed in via di esecuzione al momento in cui sono iniziate le agitazioni[4]?

Interrogato poi sulla «portata delle nuove opere iniziate che più interessano il campo agricolo››, elencava i provvdimenti in via di esecuzione e precisava:

È con questi interventi, i quali soprattutto nel settore della bonifica rispondono ad un piano organico che dovrà avere i suoi sviluppi negli anni futuri, che il Governo cerca di liquidare una pesante eredità di incuria ricevuta dai Governi passati. Certamente però va sottolineato che la rinascita di queste terre di tutta l’Italia meridionale è legata al volume di investimenti agricoli che sarà possibile realizzare negli anni futuri, proseguendo l’opera iniziata. L’episodio di Melissa con il suo triste bilancio di morti e feriti è il risultato che si consegue tutte le volte che si abbandona la legalità per incamminarsí nella via della violenza. Su di esso sono in corso rigorose indagini aflinché il Parlamento e il Paese abbiano piena conoscenza di avvenimenti e responsabilità’

Colombo rimase uomo del Sud anche negli alti incarichi assunti nelle successive stagioni di transizione vissute dall’Europa unita (da Presidente del Consiglio dell›Unione europea nel 1971 fino a Presidente del Parlamento europeo dal 1977 al 1979).

Di particolare interesse quanto disse in sede di insediamento del suo governo, nella seduta della Camera del 10 agosto 1970:

Una delle caratteristiche del nostro tempo è rappresentata dal fatto che i problemi di politica estera che interessano singole nazioni finiscono con l’essere problemi di tutte le nazioni. Il nostro avvenire sarà sempre più comune. Il nostro destino è già indivisibile. L’ Italia sa che la pace degli altri, la ricerca sicura della pace di ogni paese è anche la sua ricerca, la sua pace. Abbiamo avuto ed abbiamo anche noi un ruolo da svolgere in questo complesso internazionale e sappiamo che la nostra stabilità politica ed i risultati che si conseguono sul piano economico e sociale sono condizioni essenziali per garantire piena efficacia a continuità alla nostra azione[5].

E, sempre nello stesso intervento, dichiarò: «Il progresso verso 1’unione economica e monetaria presuppone il supporto di una organizzazione politica ed una progressiva convergenza degli obiettivi economici a medio termine e delle loro priorità, nonché delle politiche economiche messe in atto per raggiungere gli obiettivi stessi[6]».

Aveva presente che la prima fondamentale traccia unitaria del vecchio continente era stata incisa con il sudore e (talora) con il sangue di migliaia di emigranti del Mezzogiorno: operò quindi in ogni occasione e in modo concreto per il coinvolgimento pieno nelle responsabilità sociali e politiche di ognuno dei paesi membri dell’Unione. Rimane esemplare il fatto che a seguito della crisi apertasi nel giugno del 1979, dopo che fu annullato il voto negativo del Parlamento europeo al bilancio presentato dal Consiglio, Colombo, assieme al ministro degli Esteri della Germania

federale Hans-Dietrich Genscher, chiese una revisione dei Trattati al fine di armonizzare le funzioni svolte dalle varie istituzioni europee. Da quella intesa nacque il Piano Colombo-Genscher che impegnava i governi dei paesi membri a produrre un «atto europeo›› sulla integrazione comunitaria. Il Piano divenne il documento base del processo di cooperazioneeuropea fissato dalla Dichiarazione di Stoccarda del 1983.

Sui piani appena accennati e su altri ancora si sviluppò l’opera di Colombo. Si tratta dei piani su cui rimane ancora necessario impegnarsi nella difficile condizione che vivono oggi la democrazia italiana e quella europea,


[1]  Le citazioni sono tratte dal saggio di E. Vigillante, Tra resistenze e cambiamenti.Dal centro-sinistra ai verici dellapolitica internazionale, in D, Verrastro, E. Vigilante (a cura di Emilio Colombo. L’ultomo dei costituenti, Laterza, Roma-Bari 2016, p.73

[2] Ibid

[3] L’on. Colombo illustra la situazione nel Crotonese, in «Il Popolo», 6 novembre 1949.

[4] Ibid

[5] Atti parlamentari, Camera dei deputati, Seduta di lunedi 10 agosto 1970, p. 19387.

[6] Ivi, p.19398

INTERVENTI (saranno pubblicaticon distinti post in separati numeri del blog)

Giampaolo D’Andrea

Dal Mezzogiorno interno al cuore dell’Europa. Il lungo servizio di Emilio Colombo alle istituzioni democratiche (1946-2013) – pp.13-22

Francesco Malgeri

Il giovane Colombo: dall’Azione catolica al governo – pp. 23-30

Antonio Varsori

Emilio Colombo e la politica estera italiana – pp. 31-40

Fabrizio W. Luciolli

L’Atto Colombo-Genscher – pp. 41 – 45

Dieter Schlenker

Progetto di collaborazione sull’apertura del fondo Emilio Colombo – pp. 47-50

Concetta Argiolas

Il patrimonio archivistico dell’Istituto Luigi Sturzo: un’unica grande storia – pp. 51- 53

Appendice – Luigi Giorgi

Agosto 1970: Emilio Colombo Presidente del Consiglio – pp. 55 – 58

 

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