Il patrimonio archivistico dell’Istituto Luigi Sturzo: un’unica grande storia
di CONCETTA ARGIOLAS, allieva dello storico Gabriele De Rosa, specializzata in archivistica e biblioteconomia, dirige l’Archivio storico dell’Istituto Luigi Sturzo
La scelta di Emilio Colombo di destinare il suo archivio personale all’Istituto Luigi Sturzo si inserisce a pieno titolo nell’impegno che da oltre trent’anni stiamo portando avanti per il recupero delle carte di quelle personalità che hanno contribuito all’affermazione dei cattolici nella vita politica italiana. I 210 faldoni di documenti, che coprono tutte le molteplici fasi della biografia e dell’operato di Colombo a livello locale, nazionale e internazionale, si inquadrano, infatti, perfettamente nel patrimonio archivistico dell’istituto che, partendo dal nucleo fondante delle carte di Luigi Sturzo, copre l’ampio arco cronologico di 150 anni spaziando dalla crisi dello Stato liberale di fine Ottocento alla fondazione del Partito popolare italiano, alla nascita della Democrazia cristiana e alla storia dei governi repubblicani, passando per la Rerum Novarum, il fascismo, la guerra, la ricostruzione, fino ai giorni nostri.
Grazie all’attività di raccolta, particolarmente incrementata dalla lunga presidenza di Gabriele De Rosa, l’istituto è oggi in grado di mettere a disposizione degli studiosi più di 100 fondi archivistici legati ai nomi di coloro che li hanno donati: da Luigi Sturzo a Giovanni Gronchi, Mario Scelba, Giulio Andreotti, Attilio Piccioni, Guido Gonella, Flaminio Piccoli, per citarne solo alcuni e per non tacere degli archivi dei partiti della Democrazia cristiana, coni suoi due gruppi parlamentari, della Sinistra cristiana e del movimento Democratici-l’Ulivo.
A dimostrazione della sorprendente articolazione di questo patrimonio, mi sia consentito tentarne una contestualizzazione.
Sebbene le carte ufficiali del Partito popolare italiano siano andate a suo tempo disperse, la sua storia trova significativi apporti documentari in numerosi fondi archivistici, primo fra tutti il fondo di Luigi Sturzo e poi in quelli di Filippo Meda, Mario Scelba, Giovanni Gronchi, Francesco Luigi Ferrari, Giuseppe Spataro, Giambattista Migliori, Ivo Coccia, Giulio Rodinò e Dino Secco Suardo che, con il loro ampio ventaglio di posizioni in seno al popolarismo, arricchiscono le conoscenze sui rapporti intercorsi trai suoi protagonisti.
Le successive vicende del popolarismo trovano poi ampia testimonianza nella parte del fondo Sturzo relativa all’esilio inglese e americano la cui sterminata corrispondenza consente di ricostruire il panorama del fuoriuscitismo italiano visto attraverso av venimenti come i Patti lateranensi, la Guerra d’ Etiopia, la Guerra civile spagnola, l’ascesa del nazismo e la Seconda guerra mondiale.
Anche la successiva, lunga e non meno complessa storia della Democrazia cristiana trova qui un importante materiale di studio, a partire dalla documentazione ufficiale del partito, con centinaia di faldoni recuperati a livello nazionale e periferico, da intrecciare e completare con le decine di fondi dei suoi protagonisti, molti dei quali, va sottolineato, coprono entrambe le esperienze partitiche.
Dal ruolo svolto da Spataro nel ricucire le file dei cattolici, al centrismo di Scelba, alla difesa dell’interventismo statale di Gronchi, alle intransigenti critiche di Sturzo, ai contributi intellettuali e giuridici di Sergio Paronetto, Attilio Piccioni e Guido Gonella, ai rapporti con l’Azione cattolica di Vittorino Veronese, alla sinistra di base di Giovanni Marcora e Luigi Granelli, fino alla nascita del Partito popolare italiano nel 1994 e alla successiva confluenza nella Margherita.
Oltre che a una lettura cronologica, questo patrimonio si presta però anche a una lettura di tipo territoriale, con possibilità di approfondimenti a livello locale, come nel caso di Vito Giuseppe Galati, Gennaro Cassiani, Luciano Dal Falco, Stanislao Ceschi, Giacomo Sedati, Clelio Darida, o internazionale ed europeo, come nel caso dei già citati Scelba, Gronchi, Andreotti, Veronese, Piccoli e poi anche Piero Malvestiti e Corrado Belci, e ora Emilio Colombo.
Penso però anche ad alcune specifiche sezioni tematiche cui l’istituto ha dato vita, come quella dedicata al giornalismo cattolico, con i fondi -di Enrico Zuppi, Paolo Scandaletti, Giuseppe Sangiorgi, Clelia D’Inzillo, Nino Badano, dell’Unione cattolica stampa italiana e le collezioni fotografiche e redazionali delle testate «Il Popolo» e «Il Centro››. O ancora la sezione dedicata agli intellettuali, come Giuseppe De Luca e Antonino Anile, e con gli archivi e le biblioteche di due dei più alti rappresentati della cultura cattolica italiana, Gabriele De Rosa e Pietro Scoppola.
Ma penso anche al nucleo archivistico dedicato alle donne cattoliche, come Maria De Unterrichter, Angelina Cingolani Guidi, Maria Cocco, María Eletta Martini, Franca Falcucci, Tina Anselmi, Mara Luisa Paronetto Valier, fino a Silvia Costa che, in tempi e situazioni diverse, hanno tutte saputo rispondere con valori sempre chiari ai molti interrogativi della modernità.
Da non dimenticare, infine, la raccolta di più di 100.000 fonti orali, iconografiche, fotografiche e audiovisive in grado di intercettare, con l’utilizzo di parole, immagini e suoni, quegli aspetti della cultura. cattolica del Novecento di natura più prettamente sociologica, antropologica e artistica.
Concludendo questa sommaria illustrazione dell’imponente patrimonio archivistico dell’istituto, appare evidente a quale risultato tenda il nostro impegno: costituire, riordinare e mettere a disposizione della ricerca un vero e proprio centro di documentazione sulla storia del cattolicesimo democratico in Italia tra la fine dell’Ottocento e i giorni nostri, da potere confrontare, incrociare e integrare, attraverso una sua lettura anche trasversale, senza il rischio di percorrere strade già note. Esso offre, infatti, l’opportunità di conoscere le diverse anime del movimento, i molteplici aspetti della biografia dei protagonisti, di discutere il loro tasso di militanza o di integralismo, di privilegiare il momento dell’elaborazione ideologica rispetto a quello dell’azione organizzativa.
Una frase, una data, un accento schiudono poi realtà di profondo spessore non solo politico, ma anche umano e spirituale, di cui pure abbiamo bisogno come qualcosa di vitale e permanente per le nostre coscienze. Insomma, non si può fare storia del movimento politico dei cattolici senza ricorrere e tener conto di tutti questi preziosi archivi.
Ed è dunque in questo contesto che l’istituto accoglie il fondo Colombo che, una volta inventariato e digitalizzato, grazie al generoso intervento degli Archivi storici dell’Unione Europea e del suo direttore, Dieter Schlenker, e sulla base di un parziale elenco di versamento pervenuto con le carte, potrà inaugurare una nuova stagione di studi sulla storia del nostro Paese e, più in particolare, sulla storia politica dei cattolici italiani.
Una storia lunga, articolata e complessa ma, come le carte dimostrano, un’unica grande storia.
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