Tre dettagli scomodi della vita di Rocco Scotellaro ?
PREMESSA. Questo scritto l’avevo inviato ad alcuni amici e alcuni di loro mi hanno chiesto di pubblicarlo su questo blog. Lo faccio dopo aver riflettuto qualche giorno, ma per motivi tecnici non mi è per ora possibile inserirlo nella mailinglist.
Lo scrittore Andrea Di Consoli ha pubblicato su Cronache lucane un articolo intitolato Tre dettagli scomodi della vita di Rocco Scotellaro, che ha questo finale: «Eh sì, era cambiato il nostro Rocchino: voleva crescere, andare via. La Basilicata gli aveva fatto male. O questo non si può dire?»
Io ho commentato l’articolo dicendo che, certo, si può dire tutto, ma sarebbe bene che si sapesse tutto di tutto su quello che si dice. Qui mi sono fermato. Non ho scritto che Di Consoli non sa tutto di tutto dei tre dettagli scomodi e, soprattutto, sull’interrogativo finale. Io sui dettagli so più di Di Consoli, ma di sicuro non so tutto di tutto. Ora dico qualcosa sull’interrogativo finale.
Certo che si può dire tutto – ripeto -, che si sappia o non si sappia. C’è persino chi ha detto e pubblicato in un libro (Cataldo Pierri, Lettere aperte, Edizioni salentine 1983) che Rocco Scotellaro è morto a causa di una sbornia colossale. Certo, è detto più elegantemente, credo a causa di una crisi di etilite acuta (il libro l’ho conservato, ma non perdo tempo a cercare, e chi se la scorda quella vigliaccheria del nazifascista tarantino, che convinse non pochi, ragione per cui, incredulo, comperai il libro).
C’era chi Rocco lo voleva a Tricarico a fare la rivoluzione, chi lo sollecitava ad andare via (ma che puoi fare a Tricarico? lo incoraggiava Giorgio Bassani), e chi, tra coloro che lo sollecitavano ad andare via, non lo volevano a Portici, dove lo vedevano sprecato. C’era però un piccolo problema: a Tricarico o fuori Tricarico, Rocco come avrebbe potuto mettere assieme il pranzo con la cena?
La prima amministrazione Scotellaro (1946-48) cade perché Rocco era socialista di sinistra, frontista, nenniano e la sua amministrazione non era di sinistra: c’erano comunisti e socialisti, ma anche repubblicani e socialisti democratici e persino un liberale, che non ricordo chi fosse. Alle elezioni politiche del 1948, quelle che imponevano di scegliere tra le due parti in cui si era diviso il mondo, Rocco marcia dritto per la sua strada e provoca la crisi dell’amministrazione: alcuni erano per una parte del mondo, quella che per nostra fortuna fu scelta, altri, con Rocco, per l’altra parte. Eh si! Rocco non era un fine politico. E anche questo si può dire.
In autunno si fanno nuove elezioni. C’è chi non lo vorrebbe sindaco e quasi tutti sono d’accordo che è bene che non sia in testa alla lista dell’aratro con cappello frigio. Ha 25 anni e non è ancora laureato! Un laureato c’è, e ha pure due anni meno di lui. E chi se ne frega se questo laureato si era arruollato nell’esercito di Graziani! E’ laureato! Che volete di più? Si vota e la lista dell’aratro con cappello frigio per il rotto della cuffia guadagna una risicata maggioranza di voti, che però, grazie alla legge elettorale allora vigente, fruttano un maggioranza dei due terzi, 16 seggi su 20.
Si riunisce il consiglio comunale, ma i 16 consiglieri di maggioranza non sono d’accordo su chi fare sindaco: Scotellaro o il laureato? Scotellaro calcola di non avere i voti e diserta la seduta con alcuni suoi amici, quanti bastano per far mancare il numero legale. Questa volta, secondo me e lo pensavo anche allora, Rocco mostra di essere un politico cafato. Si va avanti per alcuni mesi, trattando e traccheggiando, e finalmente si ha la fumata bianca che proclama sindaco Scotellaro.
Un anno dopo Scotellaro partecipa a un convegno letterario a Macerata e il consigliere laureato presenta una mozione di sfiducia. Dice: che ce ne facciamo di un sindaco che non c’è mai ed è sempre in giro a presentare poesie? Ma il consiglio non sfiducia il sindaco. Si avanti qualche mese quando Scotellaro viene arrestato e trattenuto in carcere un mese e mezzo. Basta: Uno così non può fare il sindaco! Scotellaro si piega e si dimette. Partecipa all’elezione del nuovo sindaco, quello laureato, lo vota e con lui va a fare un discorso in piazza dalla cappella di San Pancrazio. Passa non ricordo quanto tempo, comunque non molto, e il nuovo sindaco viene dichiarato ineleggibile, perché era stato arruolato nell’esercito nazifascista di Graziani. Il consiglio comunale si arrangia con quello che passa il convento ed elegge sindaco il falegname Nicola Locuoco, detto Porca Giuda dal suo preferito intercalare. Scotellaro è sempre al suo posto a fare il suo dovere. Ma non è sindaco, non ha un lavoro e cerca una sistemazione. Va a cercarla in città, ma lui dice che la decisione gli procura infelicità. Chissà, forse voleva crescere, andare via, la Basilicata gli faceva male. Ma scrive versi che dicono diversamente. Ho perduto la schiavitù contadina /non mi farò più un bicchiere contento / ho perduto la mia libertà./… Addio, come addio? / Distese ginestre, / spalle larghe dei boschi / che rompete la faccia azzurra del cielo, / querce e cerri affratellati nel vento, / pecore attorno al pastore che dorme, / terra gialla e rapata, / che sei la donna che ha partorito, /e i fratelli miei e le case dove stanno / e i sentieri dove vanno come rondini / e le donne e mamma mia, / addio, come posso dirvi addio? /… . Sono testimone della ricerca della sistemazione, che non si trovava. Gliela offre Rossi-Doria a Portici, ma storcono il muso Marion, Tommaso Pedio e altri. Intanto Scotellaro, pur stando a Portici, non perde una seduta del consiglio comunale, ogni volta che il consiglio è convocato lui va a Tricarico e vota con la maggioranza.
A maggio del 1952 si vota per l’elezione del primo consiglio provinciale. Adesso a Tricarico lo vogliono consigliere, anche se non è laureato. Rocco dice no: lo giuro, sono testimone. A Tricarico insistono e Rocco cede. Si vota e Rocco subisce una pesante sconfitta. Il collegio è formato dai comuni di Calciano e Tricarico. A Calciano Rocco guadagna una piccola maggioranza di voti, ma a Tricarico è una catastrofe, Rocco perde con oltre 800 voti di distacco da Ciccio Menonna. La batosta gli fa molto male, ma non lo da a vedere, si confida con Antonio Albanese, che lo dice a me. Intanto Rocco continua a non disertare le sedute del consiglio comunale.
Passano circa sette mesi e arriva la scadenza del consiglio comunale. Spira brutta aria per la sinistra e vengono in soccorso ragazze dall’Emilia-Romagna e un esponente comunista di Irsina, che diventerà deputato e farà una brillante carriera. Egli, in quella circostanza, elabora una originale tesi metamorfica. Questa: L’amministrazione uscente aveva fatto male, così male che peggio non si poteva. Quindi non era stata una amministrazione di sinistra, ma una amministrazione democristiana, perché si era comportata coma una amministrazione democristiana. La colpa di tutto era della DC!. Rocco, come ho detto, rimase a far parte di quella amministrazione democristiana fino all’ultimo minuto.
Da sessantasette anni, dalla sera del 15 dicembre 1953, dura il silenzio di Rocco Scotellaro. Quel giorno Rocco visse, parlò e scrisse (un P.S. a una lettera a Antonio Albanese scritta il giorno prima e una lettera alla madre, e altro che non sappiamo). All’ora di cena tacque. Le ultime parole del P.S. sono: “Senza soldi” “E ho tanto bisogno di aiuto.”
Lasciamo in pace i morti, lasciamo in pace Rocco. Quando fu sepolto Rocco Mazzarone e Gilberto Marselli scesero al Basento, scelsero una grossa pietra e la depositarono sulla nuda sepoltura. La madre di Rocco disse: – Ma così Rocchino non può respirare! Lasciamolo dunque respirare, Rocco. Ascoltiamo – chi vuole – il suo silenzio leggendo, rileggendo, studiando, criticando le sue opere. Chi non vuole la smetta di agitarlo come un vessillo per la sua vanagloria.
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E si. Tricarico è diventata una società difficile molto piu’ di quanto lo era prima…. ma le problematiche sociali non interessano agli amministratori e a chi dovrebbe operare in questo ambito….
Caro Antonio,
aver reso pubbliche queste note di contesto storico, peraltro di prima mano, sulla vita di Rocco Scotellaro è certamente un’opera meritoria ed illuminante per capire la complessità della sua vita e l’humus in cui sono nate le sue poesie. Rocco non ebbe via facile. Per il suo impegno culturale e politico molti in vita lo avversarono . Per cui mi lascia molto perplesso un certo clima edulcorato, di quasi unanime beatificazione. Cosi come trovo puramente giornalistiche alcune critiche ,all’uomo, perché ingiuste e prive di riscontri reali. Sinceramente mi auguro che nell’organizzazione del Centenario ,in corso a Tricarico, prevalgano rigore culturale, arricchimento della documentazione, ricerca storica sulle vicende sociali e politiche che ispirarono e condizionarono la vita di Scotellaro.
In tanti non beatificano Rocco, come ho già detto se ne fanno un vanto agitandolo come un vessillo. Aggiungo ora: senza aver letto un solo suo verso.
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