Angelo COLANGELO: CARLO LEVI HA SOSTATO A EBOLI
È opinione diffusa e consolidata che Eboli, al pari di Aliano, sia divenuta famosa grazie al libro “Cristo si è fermato a Eboli”, che, grazie alle sue numerose traduzioni, l’ha fatta conoscere in ogni angolo del mondo.
Ma, se per Aliano, il paese lucano del confino che fa da sfondo integratore alle vicende narrate, la cosa non può destare alcuna sorpresa, stupisce invece che ciò sia potuto accadere per Eboli, di cui nel libro non si parla affatto, tranne che nel breve e intenso proemio, dove il nome è citato per ben tre volte.
Nella prima citazione ci s’imbatte quando l’autore ricorda una strana ed enigmatica espressione che, come ha potuto constatare nei suoi contatti quotidiani con i contadini di Aliano, ricorre come un mantra nei loro discorsi sconsolati: «Noi non siamo cristiani, – essi dicono, – Cristo si à fermato a Eboli».
Poco dopo, il nome della “bella città” campana è ripetuto, perché l’autore vuole dare un senso a quella frase ieratica, che sembra avvolta in un velo di sacro mistero. E, perciò, spiega che «Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania».
La terza citazione, infine, serve all’autore per sottolineare non senza amarezza le disperate condizioni di vita dei contadini alianesi, che da tempi immemorabili attendono invano un intervento provvidenziale per il loro riscatto: «Ma in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli».
La fatidica e icastica frase, che i derelitti di Aliano frequentemente pronunciano, per motivare la paziente rassegnazione con cui accettano un’esistenza “senza speranza e senza redenzione”, diventa il titolo fortunato del libro di Carlo Levi.
L’opera, accolta subito con grande interesse per la forza della sua denuncia sociale, smuove le acque non solo della critica letteraria, ma anche del mondo politico, attirando l’attenzione sull’annosa questione meridionale e riscuotendo un enorme successo. La fama immediata di “Cristo si è fermato a Eboli”, attestata da tre edizioni in pochi mesi, varca ben presto i confini nazionali, perché il libro viene immediatamente tradotto in diverse lingue.
La prima traduzione, in lingua inglese, è del 1946, l’anno successivo è la volta di quella americana e nel 1948 appare la versione francese. Negli anni successivi si conteranno in tutto ben trentotto traduzioni. Tra queste vale la pena di ricordare anche la traduzione greca, che incorre in una clamorosa svista della traduttrice, la quale confonde il nome del popoloso centro della Valle del Sele con quello di Empoli, operosa cittadina industriale in provincia di Firenze. Dell’ultima traduzione in ordine di tempo è autrice Yuko Nishimaki, docente giapponese in una Università di Tokyo.
Il fatto che sia stato tradotto nelle più importanti lingue del mondo, dunque, ha consentito al memoriale di Carlo Levi di avere un pubblico di lettori vario ed universale. Di ciò si è avvantaggiata anche Eboli, che ha avuto risonanza planetaria, essendo il suo nome scolpito in quel titolo, cui non pochi critici attribuiscono un ruolo non secondario nella fortuna del libro leviano. Non c’è persona oggi in Italia che, nominando per una qualsiasi ragione Eboli, non senta il bisogno di precisare: “il paese dove Cristo si è fermato”. Salvo poi a precisare il luogo da cui lo stesso Cristo sarebbe partito.
Della fama ricevuta dal celeberrimo libro sono ben consapevoli gli ebolitani, che non a caso vollero a suo tempo esprimere la loro grata riconoscenza a Carlo Levi, conferendogli nel 1972 la cittadinanza onoraria. L’artista, che aveva già avuto modo di visitare Eboli in privato, non mancò di ringraziare e di assicurare la sua presenza a una cerimonia ufficiale, che però non avvenne mai, prima a causa delle sue cattive condizioni di salute, poi per la sua morte improvvisa. Avrebbe sostato nella città campana, ma soltanto per poche ore, la sua salma, cui il 25 gennaio del 1975 furono tributate solenni onoranze funebri, prima del trasferimento nel piccolo cimitero di Aliano.
La città di Eboli, in segno di perenne gratitudine, volle poi omaggiarne la memoria dedicando all’autore del “Cristo” un busto collocato in una piazzetta lungo viale Amendola, che è stata a lui intitolata al pari del locale liceo artistico.
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Caro Angelo, grazie per la diffusione di questa memoria, le foto mi mancavano
Mimmo
Caro Mimmo.
ringrazio te per l’afettuosa attenzione ai mie testi. Preciso che le foto relative a Eboli sono prese da internet; quella del “Cristo” in lingua giapponese, di cui l’amica traduttrice mi fece omaggio, è mia.
Cordialità,
Angelo
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