«Ti abbiamo dato per scontata, ridacci il senso dei valori di fondo»
«Ci dai la mappa per capire dove vogliamo andare, per farci evitare i luoghi peggiori»

Cara Costituzione, ti confesso una cosa: il cardinale Zuppi mi ha fatto leggere una lettera che ti ha scritto.
È bellissima, e sono un po’ invidioso, perché avrei voluto scriverla io tanto mi è piaciuta. E allora lui, che è veramente gentile, mi ha invitato ad aggiungere un saluto anche da parte mia. Mi vergogno un po’, ma eccolo qui.

Ti ho incontrata brevemente sui banchi di scuola, quando eri già una signora importante. Forse perché eri già tanto famosa, nessuno pensava di doverti presentare: chi è che non conosce la Costituzione! E così, in quell’ora di Educazione Civica, non ricordo che cosa facessimo, ma non parlavamo mai di te. È un po’ come la prima volta che sono andato a visitare il Colosseo. Avevo trentacinque anni. Sono di Roma ma non c’ero mai andato, perché era sempre lì, e chi è il romano che non conosce il Colosseo! Un giorno mi ci ha portato mia moglie, stanca dei miei posticipi, e sono rimasto incantato. Il momento migliore per fare una cosa buona è subito.

Ecco, cara Costituzione, alla mia generazione forse sei sembrata un po’ distante, un monumento celebrato ma non apprezzato, ammirato ma non seguito. Non ti abbiamo sentito come la forza che scorre in tutte le attività che svolgiamo, in come ci relazioniamo, in che cosa possiamo dare, chiedere, o richiedere, in come possiamo e dobbiamo vivere come persone e come cittadini. Forse è solo una mia impressione, ma ti abbiamo dato per scontata, una signora d’altri tempi, influente certo, ma in altri luoghi, non nella vita giornaliera, e distante come tante altre istituzioni, frequentatrice elegante di tribunali e Corti di giustizia, di trasmissioni notturne in bianco e nero, di partiti e di comizi sindacali. Ma non è così. L’ho capito tardi, come la mia visita al Colosseo, ma da quando ti conosco meglio sono un tuo follower, e mi piacerebbe tanto frequentarti di più. E voglio ringraziarti anche io, per tutte le cose che vanno bene e funzionano nel nostro Paese e per le tante cose cattive o sbagliate che non sono accadute grazie alla tua presenza. Senza di te non ci sarebbe l’Italia che amiamo. E come il cardinale Zuppi vorrei chiederti aiuto. Un po’ sfacciatamente da parte mia, lo so, visto che da ragazzo non mi sono fatto vivo. Ma quando ero ragazzo «parlavo da ragazzo, pensavo da ragazzo, ragionavo da ragazzo» come dice san Paolo, e ora che sono un uomo di mezza età abbi pazienza, ho capito meglio, per questo ti chiedo di darci una mano. Litighiamo troppo e su cose sciocche, pensando di essere immortali; siamo troppo preoccupati per noi stessi, ingannandoci nel pensare che i nostri errori nel perseguire interessi egoistici siano in realtà sacrifici per il bene comune; scambiamo l’arroganza per leadership; l’incompetenza irresponsabile per consapevolezza dei propri limiti; la furbizia per saper vivere. Odiamo la politica e ne abbiamo un disperato bisogno.

Abbiamo un po’ perso il senso dei valori di fondo che tu ci ricordi, come quello della solidarietà, che a me piace tantissimo. Ci accontentiamo al massimo di coordinare le nostre azioni, ciascuno per conto suo, come se tu fossi semplicemente un codice stradale, che permette a tutti di fare quello che vogliono, purché nei limiti della legalità. Ma da quando ho iniziato a frequentarti lo so che non è così. Certo, c’è anche questo, ma tu ci dai anche la mappa per capire dove vogliamo andare, per farci evitare i luoghi peggiori della storia umana, per indicarci quelli più belli, da frequentare sempre. Sei un progetto, da realizzare, non un semplice vincolo, da non scavalcare. Per questo ci parli anche di collaborazione, affinché le cose difficili diventino più facili se ciascuno fa bene la sua parte. E di cooperazione, affinché il da farsi sia comune e condiviso, perché le decisioni più serie e le scelte più importanti si prendono tutti insieme.

Mi sono dilungato. È meglio se chiudo qui. Gli amici sono quelli che chiamano quando non ce n’è bisogno, si sa. Perciò scusami se mi faccio vivo solo ora che le cose vanno male. Non me ne volere.
Spero di sentirti presto, abbiamo bisogno di te.

LUCIANO FLORIDI, docente di Filosofia ed Etica dell’informazione all’Università di Oxford – su Avvenire 31.1.2021

 

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