Anna Maria Bugliari

1949. Chiusura dell’anno scolastico. Avevamo il cuore gonfio di tristezza per la tragedia di Superga, 4 maggio alle ore 17,03. Fausto Coppi vinse il Giro d’Italia e il Tour de France.

In convitto eravamo rimasti noi  del terzo liceo, tutti ammessi a sostenere l’esame di maturità. Solo tre fummo dichiarati maturi nella sessione estiva, in quella autunnale non pochi furono respinti. Eravamo tutti consapevoli di dover affrontare la prova più impegnativa della nostra vita, come ci aveva fatto capire il professore di latino e greco. L’esame consisteva in quattro prove scritte e nell’interrogazione orale su tutti i programmi delle tre classi del liceo. Personalmente studiavo dalle 12 alle 16 ore al giorno e mi concessi due pause.
Non ci lasciammo distrarre dall’exploit del Campionissimo. Il 24 maggio, quarta tappa Cosenza-Salerno vinta da Fausto Coppi. Quindi giornata di riposo, che la Bianchi, squadra di Coppi, trascorse all’hotel Luna di Amalfi. Il 26 maggio era domenica, venimmo sapere che la Bianchi, prima della  partenza, avrebbe assistito alla Messa nella cappella dell’hotel e ci andammo. Tutta la Bianchi era schierata in prima fila e tutti i ciclisti, compreso Coppi, fecero la comunione. – Ma allora, dicemmo, Coppi non è socialista, è tutta una invenzione dei giornalisti data la rivalità sportiva -. Infatti, i democristiani erano bartaliani e la sinistra coppiana. Dopo questa tappa prevalse il pensiero del severo esame che ci attendeva. Tornato a Tricarico, sentii raccontare e poi di nuovo raccontare le straordinarie, incredibili avventure di quella irripetibile stagione ciclistica nella farmacia di don Giovanni Carbone.

La prima pausa che mi concessi fu una mattinata che ho raccontato sul mio blog. Ebbi l’improvvisa e inaspettata visita di Rocco Scotellaro.– Ma è un ragazzo come noi – dissero i miei compagni. Aveva 26 anni, da un anno, per la seconda volta, sindaco di Tricarico.

La seconda pausa fu un giro in barca, una sera, una grossa barca con un motore attaccato a poppa. Mare calmo col suo fresco odore salmastro, orizzonte punto di lampare, il suono e il canto della Marinella, locale all’aperto sulla spiaggia dove si ballava. Eravamo alcuni ragazzi del terzo liceo, convittori ed esterni. C’era anche una compagna di classe, Elisabetta, accompagnata da Anna Maria Bugliari, una ragazza di 15 anni di straordinaria bellezza, stupende gambe molto lunghe, ben tornite. L’anno appresso a Salsomaggiore, dove per la prima volta si svolgeva il concorso per la più bella italiana, fu eletta eletta Miss Italia. Seconda una tale Sofia Loren.

A casa di Elisabetta ci incontravamo in tre secondo un calendario stabilito per ripetere matematica: io, Elisabetta e il suo fidanzato (allora non si diceva ragazzo), Giovanni. A Elisabetta scrivevo lettere d’amore per Giovanni. Scrivendo scrivendo presi una cottarella, come una leggera influenza, e per il tempo occorrente a guarire indossai i panni di Cyrano de Bergerac. A casa di Elisabetta avevo conosciuto Anna Maria Bugliari già l’anno precedente. Una informale breve presentazione tra ragazzi, ciao ciao quando ci rivedevamo. Romana, d’estate faceva il mare ad Amalfi, dove la madre gestiva il cinema all’aperto.   

In barca capitai a un lato della Bugliari, all’altro lato capitò – ma, conoscendo il tipo, direi si catapultò – Erminio, quello che si riteneva più bello di Adone. La timidezza si scolpiva sul mio volto, lo stretto contatto con la ragazza, i beccheggi della barca per cui l’un l’altra ci cascavamo addosso mi imbarazzavano molto, mi preoccupavo che non sorgessero inconvenienti, malintesi. Capitò alcune volte che dovessi appoggiarmi alla sponda della barca, dietro la spalla della Bugliari. Come un rapace in agguato, Erminio si precipitò ad accarezzare la mia mano. La ritrassi ma poi stetti al gioco: ritrosie, incoraggiamenti, toccatine di dita, abbandoni della mano alle carezze di Erminio. Il gioco si ripeté più volte, quando i beccheggi mi costringevano ad appoggiarmi alla sponda della barca. Li facevo durare poco, prevaleva la preoccupazione.

Finito il giro, tornando in convitto, dissi a Erminio: “Ermì, m’ài strusciùta a man (traduco: Mi hai consunta la mano). Erminio divenne una belva, si precipitò per menarmi, i compagni riuscirono a trattenerlo. Non ci parlammo più, non ci siamo mai più rivisti, non ho mai saputo niente di lui. Fine della corrispondenza amorosa con la ragazza inventata di Salerno. Avevo cercato, scrivendo le “sue” lettere, di dare a Erminio una mite immagine di normalità. Non aveva capito.  

 

6 Responses to QUELL’ESTATE DEL 1949

  1. domenico langerano ha detto:

    Garbatissimo e bel racconto, oltre che ricordo e foto di belle donne.
    Una canzoncina di qualche tempo fa diceva che a vent’anni o giù di lì, aggiungo io, si é il re di tutto il mondo e a quei tempi, direbbe Totò, tu lo eri, caro Tonino!
    Con simpatia
    Mimmo

    • Antonio Martino ha detto:

      Caro Mimmo, Ma che re, se la timidezza si scolpiva sul viso, come ho scritto, mi paralizava! Sulla barca, accanto a Anna Maria Bugliari, infatti, ero paralizzato, avevo paura di sfiorarla e mi cadeva addoso e le cadevo addosso. Re era Erminio, perché incosciente.
      La prima distrazione, la visita di Rocco Scotellaro, è il mio commento alla sua poesia “Costiera amalfitana” pubblicato nel commentario “Con la prima e l’ultima”,pagg. 259-61. L’ho riletto, mi è piaciuto, è stata una bella passeggiata con Rocco sulla costiera amalfitana. Con altrettanta simpatia, Antonio

  2. Antonio Carbone (TONINO) ha detto:

    Caro Tonino, leggere i tuoi cammei ,come ho più volte sottolineato ,equivale a scoprire e rivivere una dimensione di relazioni umane e di sentimenti raffinati che oggi purtroppo non esistono più, almeno su larga scala. Tutto questo alimenta una sottile nostalgia di qui tempi. Inoltre ,qui ricordi la farmacia di babbo, anche come luogo di incontro e di discussioni, come peraltro mi raccontava mia madre. Un classico delle variegate funzioni delle farmacie , almeno nei nostri comuni del sud.
    Ti sono grato per questo ricordo, a me molto caro.
    Con rinnovata stima,
    Tonino

    • antonio martino ha detto:

      Caro Tonino, A Tricarico i luoghi di incontri e discussioni erano 2: 1) l’ufficio di don Michele Valinotti, nonno di Mario Trufelli,prevalentemente “circolo” dei canonici e 2) la farmacia di tuo padre, a più larga frequentazione. Io la frequantavo già a 17-18 anni e recuperai il racconto della straorinaria stagione ciclistica che mi ero persa. Don Giovanni era tifosissimo di ciclismo e di calcio, organizzava corse ciclistiche e fu artefice della costituzione della squadra di calcio di Tricarico, della quale non ricordo il nome, regolarmente iscritta alla federazione gioco calcio. Si giocavo a Santa Maria! Un caro saluto, Tonino

  3. Maria Paola Langerano ha detto:

    Caro Antonio, mi sono gustata il tuo racconto all’ora dell’aperitivo, in solitaria. Sai, la tua Tricarico e il mare di Amalfi e la bellissima Anna Maria e gli esami di maturità, e il “ragazzo” Scotellaro, per un attimo, hanno disegnato scorci di Voghera, Genova, appartenuti a mia madre e ai suoi ricordi, fotogrammi del film “Il prete bello”, nel momento in cui la sagoma di Bartali si disegna sul tornante. Elegante, delicato ritratto di un tempo garbato e squisitamente umano. Grazie.

    • Antonio Martino ha detto:

      Grazie a te, cara Maria Paola, per questa delicato delicato commento/trasfigurazione di quella per me indimenticabile estate del 1949. Mi hai fatto ricordare che nell’autunno la costiera amalfitana fu sconvolta da una terribile alluvione e quel torrente della Valle dei Mulini della nostra passeggiata, che viene interrato e sbocca a mare nella piazza di Amalfi, fu sbarrato e non vi si può più accedere. A presto, Antonio

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