Quando ero un po’ più giovane

Lo scrittore Andrea Di Consoli ha scritto in una sua lettera lucana che uo dei libri più preziosi che egli possegga è “L’antologia dei poeti lucani dal Risorgimento ad oggi” (“La Fucagna” Editrice Potenza, 1972) curata da Gerardo Capoluongo (di cui non ha mai saputo niente, e neanche io). Questa antologia, scrive Di Consoli, è preziosa perché vi sono antologizzati poeti ormai dispersi e dimenticati, e tra questi cita Giuseppe Giannotta.
Peppe Giannotta è stato mio amico e colgo con grande piacere l’occasione per ricordare che egli è stato un poeta e uno studioso, un cultore appossionato di Orazio.
Pubblicò le raccolte di versi:
La casa sulla pietra-1957
Allegria del sole-1960
Le molteplici età-1967, edite da Rebellato di Padova
Una passera grigia, edita dalla MBS di Potenza.

Il professar Mario Sansone riscontrò in Giannotta ” un’alta serenità intellettuale, una pensosa tristezza e quasi… angoscia esistenziale e insieme un’obbedienza insieme schiva e ferma agli obblighi e comandi della vita”.
Nerio Tebano scrisse sulla Tribuna del Salento “Basta leggere la maggior parte delle liriche di Giannotta per accorgersi che esse prendono direttamente l’aria della terra dove son nate…Forse egli non le avrebbe mai scritte se fosse nato e vissuto altrove. Il clima della Lucania, di questa terra difficile, l’atmosfera mediterranea, hanno una influenza determinante sugli uomini e sugli artisti che vivono… Non possono vedere altro, non possono e non sanno vivere altrove, visceralmente legati alla loro terra e perciò passionali, comunicativi, vigorosi…” Ed in effetti l’ispirazione più genuina di Giannotta va rintracciata in questi motivi: la sua terra, il suo paese, la sua casa, il padre, la madre, l’infanzia, i giochi… Chi con lui e come lui ha vissuto i tempi, le situazioni, le vicende non può non sentirsi riassorbito da un mondo che ormai non c’è più ma continua a vivere nel ricordo e nella nostalgia.

Sul mio blog Rabatana ho riservato molto spazio a Giannotta, due Categorie, Orazio si confessa e Passera grigia, alcune diecine di post con studi su Orazio di Giannotta, sue traduzioni del poeta venosino e mie annotazioni.
Sempre su Rabatana ho anche riprodotta una lezione di don Beny Pedrrone. Introduzione alla poesia di Giuseppe Giannotta, pronunciata alla sezione di Tricarico dell’Università delle Tre Età.

La fotografia con cui si apre questo post si spiega perché, quando ero bambino, credevo che Orazio fosse un grande amico di Venosa di mio padre.
Il il mio paese natale è Palazzo San Gervasio, prossimo a Venosa. Papà di tanto in tanto lo citava, così introducendo il passo citato “come dice mba’ Orazio”.

Presento ora come poesia autonoma di Giuseppe Giannotta questa sua traduzione di 13 versi oraziani: Fanciullo protetto dagli dei:
Sottratto all’occhio vigile di Pullia
stanco di sonno e di gioco
sull’appulo Vulture bambino
colombe misteriose
mi coprirono di foglie fresche,
miracolo che fosse noto a tutti,
agli abitanti dell’alta Acerenza,
delle balze bantine e delle terre
feconde della bassa Forenza;
perché dormissi al sicuro
di nere vipere e orsi
sotto una coperta di mirto e alloro:
animoso fanciullo protett
o da dei.

 Sono versi (dal 9° al 20°) della quarta ode del terzo libro di Quinto Orazio Flacco: La sconfitta dei giganti, composta di 80 versi. Tredici versi che ricordano un momento felice della fanciullezza di Orazio. Un un’ode tra le più solenni, al culmine della sua fortuna, Orazio non si dimentica della terra natale e recupera con la memoria i luoghi della sua infanzia, situando proprio sul monte Vulture, la sua investitura poetica. Qui il poeta, per riportare già nell’infanzia la sua predestinazione poetica, trasfigura un episodio dei tempi di Venosa, allorché, sfuggito alla custodia della sua nutrice e arrivato sulle pendici del Vulture, dice di essersi addormentato in un luogo pericoloso pieno di vipere e di belve. Ma nella trasfigurazione del sogno era stato salvato dalle colombe che lo avevano ricoperto di lauro e di mirto, le piante sacre alla poesia e all’amore. Se non è poesia questa autonoma scelta!

Non sono infrequenti nelle opere oraziane richiami al suo paese di origine: negli anni romani della sua prima giovinezza, a contatto con una realtà sofferta giorno dopo giorno, il poeta venosino, per confortarsi, si rifugiava talvolta nella memoria evocando, come in quest’ode, il favoloso tempo della sua infanzia. Il ricordo della terra natale ed immagini caratteristiche del paesaggio circostante accompagnano, si può dire, tutto il corso della vita del poeta.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.