LA CANTATA A MONTICCHIO di Rocco Scotellaro
I monaci fratelli del silenzio
vennero ai due laghi occhi del cielo
che si sono posati sulla terra.
Occhi del cielo, occhi del cinghiale
aperti ai mille colori del sole.
Vulture e vento, gli alberi che danzano,
il fuoco spento è nella nuvola bianca.
Nuvola bianca divenne la vicenda:
«Sono tanti anni alle carezze del vento …
ero nata in fondo all’Ionio una giumenta
e una giumenta al mare non può stare.
Austro vago di me, io timida di lui,
andava avanti e indietro aprendo i varchi
dei monti e s’appendeva alla mia chioma,
venne la sera, io mi voli fermare,
ci vedemmo specchiati in una fonte,
cresceva la luna reclina sui boschi,
d’amore l’acqua si mise a cantare.»
I monaci fratelli del silenzio
li menò un solitario boscaiolo
che sapeva parlare col cinghiale.
Occhi del cielo, occhi del cinghiale
aperti ai mille colori del sole.
La nuvola bianca se n’è andata
sfumando la sua forma cavallina,
i monaci sepolti alle radici
e gli alberi cantano mattutino,
e l’acqua ricresce e canta e freme
per le fresche memorie
che noi saremo e per belle storie.
[1951-52]
LA BRAMEA DEL VULTURE
Rocco Scotellaro era scomparso da 10 anni quando Federico Hartig (Entomologo altoatesino fondatore dell’Istituto Nazionale di Entomologia) scoprì la Bramea del Vulture, un relitto dell’ultima glaciazione: unica rappresentante europea della famiglia Brahmaeidae.
Scoperta inizialmente sul monte Vulture, è diffusa quasi esclusivamente in Basilicata, nella parte superiore delle valli dell’Ofanto, del Basento e della Salandrella.
La specie è tutelata dalla Riserva regionale del Lago Piccolo di Monticchio.
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