Priamo implora ad Achille
il riscatto del corpo del figlio

Maria Paola Langerano scrive che un suo amico greco, originario della Tracia, le ha raccontato che il lutto viene vissuto dalla comunità intera che si prende cura della famiglia che ha subito la tragica perdita, le si stringe accanto.
Ho risposto a Maria Paola che la stessa cura si prendeva da noi, e si chiamava consolo.

Bisogna risalire molto lontano, ai miti, al mito di Niobe, per non farla troppo lunga.
Proviamo a tirare giù dallo scaffale dei libri l’Iliade nella traduzione di Vincenzo Monti e cercare l’ultimo canto del poema, il XXIV.
Achille ha ucciso Ettore e del suo corpo ha fatto scempio. Priamo, protetto da Mercurio, che lo rende invisibile agli Achei, si reca nel campo avversario con ricchissimi doni per chiedere ad Achille il riscatto del corpo del figlio.

C’è il bellissimo dialogo tra Priamo e Achille e la consegna della salma di Ettore, che, alla fine, unisce il vecchio genitore e il prode Achille in un pianto dirotto. Dopo che i due si sono saziati di lacrime devono mangiare. Dopo il lutto, quando si sono versate tutte le lacrime, bisogna mangiare. Ecco l’origine del consolo.
Achille convince Priamo a mangiare raccontandogli la tragedia di Niobe, che tuttavia, al decimo giorno, quando la pietà degli dei dette sepoltura ai dodici figli, “Stanca la madre del suo molto pianto / Non fu schiva di cibo”. 

… E noi pure, o divin vecchio, pensiamo 
Al nutrimento. Ritornato poscia 
Col figlio a Troia, il piangerai di nuovo, 
Chè molto è il pianto che ti resta ancora. 
Così detto, levossi frettoloso, 
E un’agnella sgozzò di bianco pelo. 
La scuoiaro i compagni, e acconciamente
L’apprestâr minuzzandola con molta 
Perizia; e infissa negli spiedi, e quindi 
Ben rosolata la levâr dal foco. 
Da nitido canestro Automedonte
Pose il pan su la mensa, ed il Pelíde 
Spartì le carni. La man porse ognuno 
Alle vivande apparecchiate, e spento 
Del cibarsi il desío … 

Io la ricordo la cura che il vicinato si prendeva del bisogno di mangiare della famiglia che aveva subito la tragica perdita. Portavano il consolo, una gran cesta di molto cibo e bevande. Ricordo – ero bambino – il consolo che portammo per la morte, in un incidente stradale, del giovanissimo figlio di una famiglia molto amica. Un gran pranzo, cibi e bevande, il consolo fu un convivio.

Io ci stetti male, non facevo ancora le elementari.

Fui invitato al consolo per la morte di un carissimo amico. I suoi genitori considerarono come familiare il mio dolore e io accettai l’invito.

 

One Response to IL ‘CONSOLO’, OVVERO IL PRENDERSI CURA DI UNA FAMIGLIA CHE HA SUBITO UN LUTTO

  1. Antonio Carbone ha detto:

    Caro Tonino,
    Per vicende tristi della mia famiglia, ho un vivo ricordo di questo “sacro rito” che aiutava psicologicamente a non sentirsi soli.Rito che veniva ripetuto per diversi giorni da parte dei parenti ed amici più stretti.
    Un caro saluto.
    Tonino

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