Le due ultime lettere lucane di Andrea Di Consoli sulla crisi della politica non sono tanto una novità e richiamano alla memoria due poesie che hanno lo stesso titolo: LA GRONDA. – La prima, allegoria dell’autunnale crisi politica, è di Rocco Scotellaro; la seconda, più recente, risalente al 1958, 63 anni fa, sul collasso delle istituzioni, è di Franco Fortini.

Un dattiloscritto autografo della poesia di Scotellaro presenta il titolo « Il treno è lontano » e nel testo qualche variante. La  poesia risulta dedicata a Enzo Contillo (1914 – 1988), scrittore, meridionalista, animatore culturale e uomo di scuola. Funzionario del Provveditorato agli Studi di Potenza, si trasferì a Matera, che divenne sua città adottiva, quando vi s’istituì il Provveditorato agli studi, e svolse il ruolo di vice-provveditore. Rivestì quindi l’incarico di Provveditore agli studi di Arezzo e di Mantova. Nel 1974, lasciato il mondo della scuola, ritornò a Matera, dove morì. Prese parte attiva alla politica del dopoguerra come esponente del Partito repubblicano del capoluogo lucano. Fu eletto consigliere comunale nel 1948, e fece parte della Giunta.
Copiosa l’attività di Enzo Contillo scrittore, poeta, esegeta, critico, saggista, e molto significativa quella di animatore culturale e promotore di iniziative finalizzate alla conoscenza di aspetti della vita sociale e culturale delle località in cui visse ed operò, alla valorizzazione di uomini, fatti e ambienti del Meridione. Fondò e diresse, dal 1947 al 1951, la rivista “Il Sud letterario”, alla quale prestarono la loro collaborazione scrittori affermati e giovani come Rocco Scotellaro e Giovanni Bronzini.

Chiara l’allegoria di Fortini. Troppo vecchie e troppo a lungo tappezzate le istituzioni, senza che nessuno veda i danni strutturali. Fortini, come già detto, la profetizzava nel 1958. Il collasso è evidente, anche se nessuno sembra vederlo. Il volo di una rondine le può fare definitivamente crollare.

LA GRONDA di Rocco SCOTELLARO

 Passano alti i tuoni
e i treni nelle gole lontani
questo tacere, questo non pensare!
Si bagnano lenzuola sulle pietre
gli uomini stanno come topi.
Quando il treno allontana il suo frastuono
e la nube col broncio se ne va
filata al fuso sopra l’alto monte,
la gronda tarda ancora stillerà
il mio tacere, il mio non pensare
finché una mosca non mi pungerà.

LA GRONDA di Franco FORTINI

Scopro dalla finestra lo spigolo d’una gronda,
in una casa invecchiata, ch’è di legno corroso
e piegato da strati di tegoli. Rondini vi sostano
qualche volta. Qua e là, sul tetto, sui giunti
e lungo i tubi, gore di catrame, calcine
di misere riparazioni. Ma vento e neve,
se stancano il piombo delle docce, la trave marcita
non la spezzano ancora.
Penso con qualche gioia
che un giorno, e non importa
se non ci sarò io, basterà che una rondine
si posi un attimo lì perché tutto nel vuoto precipiti
irreparabilmente, quella volando via.

 

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