È in corso di stampa un mio libricino, che uscirà nei prossimi giorni, intitolato: FRANCHINO – La romantica avventura di un ragazzo di Tricarico nella città che ha sempre amato le stelle. Franchino è, appunto, un ragazzo di Tricarico, che ha avuto vita breve. È stato insegnante di Fisica e convinto assertore del valore formativo dell’Astronomia e, con questa convinzione, ha condotto il suo insegnamento, vivendo una romantica avventura raccontata nel libricino.
Mi ha emozionato leggere sul supplemento domenicale del Sole 24 Ore di oggi, 10 ottobre 2021, l’articolo di Patrizia Caraveo, Le stelle ci parlano, dobbiamo ascoltarle, che riporto, dove ci dice che il racconto dell’entusiasmante viaggio attraverso le scoperte celesti che si susseguono a ritmi frenetici ci portano a decifrare meglio i messaggi siderali.
Franchino aveva pubblicato un libro intitolato “Stelle e sistemi stellari” la cui Premessa, riportata nel libricino, annuncia il suo contenuto con questo stesso messaggio.
(Antonio Martino)

L’astronomia è una scienza antichissima che si mantiene giovane e attuale grazie alla sua capacità di re-inventarsi. Applicando tecnologie al limite del possibile, e spesso contribuendo a inventarne di nuove, le scoperte si susseguono a ritmo frenetico. Tre degli ultimi quattro Nobel per la fisica sono andati a risultati astronomici. Un riconoscimento che ha premiato risultati recentissimi, come quello delle onde gravitazionali, e altri più stagionati, come la teoria matematica alla base dell’esistenza dei buchi neri, oppure l’interpretazione del rumore di fondo del cielo, un residuo del big bang dal quale è iniziato tutto.

Oltre a celebrare i successi di scienziati e scienziate che si sono dedicati anima e corpo allo studio degli oggetti celesti più svariati, è il momento di fermarsi a riflettere su cosa sia oggi la ricerca astronomica.

Abbiamo iniziato a cercare di capire i ritmi celesti osservando il movimento dei pianeti ad occhio nudo. Poi, Galileo Galilei ha introdotto il primo strumento ottico scardinando dalle fondamenta la concezione delle sfere celesti. Il suo Sidereus Nuncius è una pietra miliare nella storia della scienza.

È stato l’inizio di una cavalcata di oltre quattro secoli durante la quale la fisica si è spesso incrociata con l’astronomia con risultati che, una volta accettati, hanno aperto nuovi orizzonti per entrambe le discipline. Il percorso è stato accidentato con idee dominanti che hanno dovuto capitolare davanti a risultati inaspettati. Eravamo convinti di essere al centro dell’Universo con le sfere celesti che ruotavano intorno a noi, e ci siamo ritrovati ad abitare il terzo pianeta che orbita intorno a una stellina che non ha proprio nulla di eccezionale. Il Sole è una delle centinaia di miliardi di stelle che compongono la nostra galassia, la Via Lattea, che, a sua volta, è una delle centinaia di miliardi di galassie che popolano l’Universo che noi riusciamo a studiare grazie a strumenti sempre più potenti. Abbiamo capito che la luce visibile non esaurisce il messaggio delle stelle che emettono radiazioni ai quali i nostri occhi non sono sensibili. In stretta collaborazione con i fisici, gli astronomi hanno conquistato l’invisibile, e adesso parliamo di astronomia radio, infrarossa, ultravioletta, X e gamma, oltre a quella ottica, ovviamente. Abbiamo imparato a portare i nostri strumenti nello spazio per superare la barriera dell’atmosfera che ci protegge, assorbendo le radiazioni più energetiche che sono nocive per gli esseri viventi. La conquista della spazio ci ha anche regalato un modo nuovo di studiare il sistema solare attraverso la raccolta di campioni. Rocce e polveri dalla Luna, asteroidi e comete contengono informazioni preziosissime.

Ma la luce, visibile e invisibile, non esaurisce il messaggio delle stelle. Nell’ultimo secolo ci siamo resi conto che i corpi celesti possono fungere da acceleratori di particelle ben più potenti di quelli che riusciamo a costruire nei laboratori terrestri. Le particelle celesti, che chiamiamo raggi cosmici, portano fino a noi le informazioni di processi di inaudita violenza che avvengono intorno ai buchi neri e nelle esplosioni stellari. Peccato che il messaggio ci appaia confuso a causa dalla traiettoria incurvata della particelle che vengono deviate dai campi magnetici della galassia e perdono la memoria della direzione di partenza. Poco male, gli stessi processi che accelerano i raggi cosmici producono anche neutrini, particelle neutre abbondantissime ma estremamente sfuggenti che da poco abbiamo imparato a interrogare. Ci vogliono enormi volumi di rivelazione, sotto chilometri di ghiacci in Antartide o nelle profondità del mare Mediterraneo, per cogliere al volo qualcuno di questi fantasmi. È una nuova astronomia molto difficile ma dalle grandi potenzialità.

Parlando di difficoltà, credo che nulla possa battere la sfida posta dalle onde gravitazionali che sono vibrazioni minuscole dello spazio tempo che causano deformazioni ritmiche inferiori alle dimensioni di un protone. Non è un caso che Einstein nell’articolo dove predisse la loro esistenza aggiunse che non sarebbe mai stato possibile rivelarle. Ma gli scienziati hanno preferito seguire il suggerimento di Napoleone che diceva «se è possibile è già stato fatto, se è impossibile si farà».

Ci sono voluti quarant’anni di sviluppo sperimentale portato avanti da fisici visionari che hanno convinto le agenzie finanziatrici a perseguire l’impossibile. E ci sono riusciti, giusto cent’anni dopo il lavoro teorico del grande Albert! Il Comitato Nobel si è affrettato a premiare i tre padri fondatori, battendo tutti i record tra l’annuncio di un risultato e il conferimento del premio.

I nuovi messaggeri celesti hanno amplificato lo spazio di scoperta che l’astronomia ci può regalare, anche perché, unendo le informazioni raccolte attraverso tutti i canali, otteniamo un risultato che è maggiore della somma delle parti.

Avendo vissuto in prima persona gli ultimi capitoli di questa storia, ho pensato che fosse tempo di raccontare l’entusiasmante percorso che ci ha portato a decifrare i nuovi messaggi delle stelle. Il titolo è venuto da solo. Un omaggio al padre della nostra cultura scientifica, interpretato in chiave moderna, 2.0, appunto.

 

2 Responses to LE STELLE CI PARLANO, DOBBIAMO ASCOLTARLE

  1. Monaco Cesare ha detto:

    Caro Tonino,
    La tua mente vulcanica non ha paragoni neanche con quella di un giovane.Sei giovane dentro e quest’ultima fatica sull’amatissimo Franchino ne è la conferma che aspetto di leggere. Ti abbraccio con affetto Cesare.

    • antonio-martino ha detto:

      Grazie, carissimo Cesare, specialmente per l’affetto e l’amicizia che conservi intatti per Franchino.L’articolo del Domenicale mi ha emozionato. Grazie anche alla carissima Antonella Carbone. Voi due siiete stati da sprome per la stesura di questo libricino, che sono contento di aver scritto e reso omaggio a un grande fratello. Se leggi la Premessa del libro di Franchino, che tu hai e il mio libricino riporta nel penultimo capitolo,potrai vedere che Franchino aveva già detto tutto, dove nella conclusione Franchino non si avvale del Nos Maiestatis, ma esprime la consapevolezza che rappresenta la Comunità del CeSDA. Ricambio l’abbraccio, anche Titina.

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