La lettera lucana di Andrea Di Consoli di oggi, 20 ottobre, dice che stasera lo scrittore lucano presenterà a Roma il libro di Annamaria Guadagni “La leggenda di Elena Ferrante” (Garzanti) e racconta che quando lesse per la prima volta “L’amore molesto” si sentii risucchiato in una spirale torbida e ossessiva e pensa che la Ferrante sia dilaniata dalle ossessioni.

Angelo Colangelo, commentando la lettera, si chiede se la letteratura, per essere ben viva, deve proprio nutrirsi di simili artifizi. Al caro amico Angelo ho così risposto:
Non c’è bisogno che la letteratura si nutra di artifizi, caro Angelo. Non è un artifizio la mia ossessione di capire dove va il tempo che passa. L’immagine del tempo dominante nel nostro senso comune è costituita da una retta infinita sulla quale scorre, a velocità costante, un punto indivisibile e inesteso, il presente, che avanza a velocità costante, separando in maniera irreversibile il passato, che gli sta alle spalle, dal futuro, verso cui procede. Si tratta, senza dubbio, di un’idea esemplarmente semplice e comoda, di cui ci serviamo continuamente e da cui è difficile staccarci. Ma è anche l’unica vera? Chi ci assicura che il tempo scorra (e in modo irreversibile)? Un tempo che non scorre è plausibile. Noi, infatti, non ci spostiamo mai dal presente e viviamo il passato solo nel presente del ricordo e il futuro solo nel presente dell’attesa. Il tempo, presente tridimensionale, misurato dall’animo nella sua distensione, è dunque elastico: si restringe e si concentra quasi in un punto solo nell’attenzione, si allarga «all’indietro» nel rammemorare e si prolunga «in avanti» nell’attendere o nel progettare. Per questo, il senso del passato si può modificare: quel che è accaduto non può certo essere più cancellato, ma il suo peso può variare attraverso il perdono, che permette a chi ha commesso il male o a chi lo ha subito, di ricominciare, più leggero, una nuova vita. Ed anche il futuro, per sua natura, incerto, può venire indirizzato e condizionato dalla fiducia, ad esempio, nel credente nell’assistenza e nella grazia divina, alimentata dalla speranza, o dalla fede laica nel progresso. Perché, dunque, sostenere che il tempo scorre, se non ci allontaniamo mai dal presente? E se avesse ragione il poeta barocco spagnolo Luís de Góngora y Argote, secondo il quale «Se voglio attraverso le stelle / sapere, tempo, dove sei, / vedo che con loro vai, / ma non torni con loro. / Dove imprimi le tue orme / che non trovo il tuo corso? / Ma, ahimé, m’inganno, / tu voli, rotoli e corri: / sei tu, tempo, che resti / son io che me ne vado».

Tu sai che ho scritto un libricino che (hai letto e) racconta la romantica avventura di un ragazzo di Tricarico in una citta che ha sempre amato le stelle, morto troppo giovane; libricino che è stato stampato e sta per essere consegnato a un gruppo di amici. Il ragazzo di Tricarico non ha costruito il teatro degli astri, bensì il luogo della sperimentazione galileiana, dove poesia e scienza, le vere verità, si fondono, favorendo la divulgazione del sapere attraverso un linguaggio rigoroso e sintetico, comprensibile e piano e l’apprendimento di tutte le scienze collegate all’astronomia, che è stata madre della scienza.

 

2 Responses to DOVE POESIA E SCIENZA SI FONDONO

  1. cesare monaco ha detto:

    Cariisimo Tonino,
    mi sento totalmente impreparato e frastornato a commentare le tue argute argomentazioni “filosofiche” frutto della tua immensa cultura, e del tuo pensiero perennemente in fermento.Queste tue profondissime riflessioni e chissà di quanti altri pensatori, mi confondono al punto da chiedermi :ma come ho vissuto finora? E ritornano alla mente i versi del sommo Poeta: ..”fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtude e conoscenza”. La risposta è ovvia! Mi fermo, qui anche se mi sarebbe piaciuto averti vicino per attingere dal tuo sapere. Ti ringrazio per questo profondo contributo e del libricino su Franchino che mi hai anticipato. Co grande affetto e stima, Cesare

    • antonio-martino ha detto:

      Non esagerare, Cesare; l’esagerazione è il tuo difetto, anzi il tuo peccato mortale. Se penso a Franchino, penso a te. Più grande di te è solo Franchino, che, contemplando le stelle, ha insegnato matematica e fisica, facendo comprendere e amare queste due ostiche materie.

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