La “Cronica” di Salimbene de Adam di Angelo Colangelo
La Cronica di Salimbene de Adam. Lo scrittore parmigiano Guido Conti e il frate francescano Adriano Della Valle con una ricca e preziosa antologia ci guidano nella lettura dell’opera del Frate parmigiano e ne fanno scoprire la viva e sorprendente attualità.
Con il patrocinio del “Comune di Parma” e di “Parma capitale italiana della cultura 2021” è uscito per i tipi di “Libreria Ticinum Editore” di Voghera il volume “Salimbene de Adam, Cronica”, introdotto e curato da Guido Conte e Adriano Della Valle e tradotto da Berardo Rossi.
È stata senz’altro lodevole l’iniziativa di pubblicare una ricca antologia di ampi brani tratti dalla “Cronica” di Salimbene de Adam (Parma, 1221 – San Polo d’Enza, 1288) nella ricorrenza dell’anniversario della nascita del frate parmigiano, che coincide con i settecento anni della morte di Dante. Salimbene, infatti, è ancora oggi un autore più citato che letto e invece la sua “Cronica” merita di uscire fuori dai ristretti confini degli studiosi medievisti e di raggiungere un pubblico molto più vasto, diventando magari un patrimonio di tutti.
Questa è la precipua finalità che si prefigge l’opera curata con competenza e amore dallo scrittore Guido Conti e dal frate francescano Adriano Della Valle. L’obiettivo potrebbe apparire ambizioso, se non velleitario, dal momento che già nel passato alcuni altri tentativi simili sono falliti. Epperò in questa occasione sembrano sussistere tutte le condizioni, di merito e di contesto, perché l’iniziativa editoriale possa essere coronata da successo.
Molte sono, a nostro avviso, le qualità del lavoro appena pubblicato. Innanzi tutto a noi pare che l’opera sia degna di nota per la scelta appropriata degli ampi brani proposti, distribuiti in ventuno densi e succosi capitoli, nei quali viene valorizzato ed esaltato il polimorfismo della “Cronica” di Salimbene. Che è un libro davvero denso e complesso, in cui bene si combinano e armoniosamente convivono autobiografia e cronaca, aneddotica e storia, realtà e visioni.
Gli autori hanno saputo estrarre dall’opera del frate parmigiano un prezioso florilegio, le cui diverse componenti sono ben tenute insieme da sobrie note intertestuali, che riescono a favorire la comprensione con una efficace contestualizzazione dei fatti narrati. La lettura, pertanto, non solo risulta agevole e proficua, ma a tratti addirittura appassionante come quella di un romanzo.
La Cronica di Salimbene de Adam. Ciò si verifica fin dalle prime pagine, quando, attraverso un sapido racconto autobiografico, si delinea ed emerge la figura affascinante di Salimbene, che per qualche verso molto assomiglia al Grande Santo di Assisi. Anche il frate parmigiano, infatti, come San Francesco appartiene a una facoltosa famiglia borghese e deve tenacemente lottare per resistere alle minacce del padre, che ne contrasta con ostinazione la scelta di abbandonare la famiglia e di rinunciare all’eredità e agli agi di una vita comoda, per entrare nell’Ordine dei Frati Minori.
Così, entrato a far parte della famiglia francescana all’età di 17 anni e mutato il suo nome di Ognibene in Salimbene, il giovane novizio si forma, secondo le consuetudini dell’epoca, nelle arti del trivio e del quadrivio e inizia la sua vita itinerante fra i vari conventi dell’Emilia, della Romagna e della Toscana. Divenuto poi un valente predicatore, fa diverse e significative esperienze anche all’estero, che gli consentono di essere testimone privilegiato e protagonista di molti eventi storici rilevanti, in cui sono coinvolti alcuni fra i personaggi più in vista del secolo.
La “Cronica” ha, dunque, la preziosa peculiarità di proporre fatti e personaggi, di cui l’autore ha avuto spesso una conoscenza diretta. Il racconto, scritto in un latino popolare di facile comprensione e lardellato di espressioni bibliche che denotano una notevole preparazione teologica, si avvale inoltre di qualità stilistiche che ne rendono accattivante la lettura.
Insomma, come si sottolinea in una nota all’inizio del secondo capitolo, «Salimbene è un narratore consapevole, racconta di come struttura e scrive la sua Cronica. Ama divagare, scrive in prima e in terza persona, a seconda di come gli conviene, torna spesso su eventi e fatti con una narrazione ondivagante, non lineare, e in questo sta parte del suo fascino».
La Cronica di Salimbene de Adam, La “Cronica” è popolata da una folla di varia umanità. Certamente in essa campeggia la figura dell’imperatore Federico II, il grande e feroce nemico della città dell’autore, che dopo un lungo e inutile assedio viene sconfitto a Vittoria ed è costretto ad abbandonare Parma ignominiosamente. Salimbene nell’occasione si trasforma in un abile cronista di guerra e racconta con grande pathos e crudo realismo i disastri e le devastazioni subite dalla città e dalla campagna parmense a causa della insana ferocia dell’imperatore.
In altre pagine ci s’imbatte in tiranni sanguinari e grandi condottieri, ma anche mimi e giullari, santi sacerdoti e falsi profeti, e persino personaggi eccentrici e stravaganti, che l’autore riesce a tratteggiare in maniera vivida attraverso una serie stupefacente di indimenticabili aneddoti.
Tra loro si trovano alcuni personaggi che sono stati celebrati nella Commedia di Dante: Pier della Vigna, Asdente, Obizzo d’Este, Ezzelino e Guido da Romano, Guido da Montefeltro, Manfredi. Sono tutti personaggi che l’opera di Salimbene aiuta a comprendere meglio, proponendo da prospettive diverse e in controluce la rappresentazione che di tali personaggi fa il Sommo Poeta.
La Cronica di Salimbene de Adam, Per questo la “Cronica” si rivela un’opera utile e piacevole per tutti, ma risulta particolarmente preziosa per i concittadini dell’autore, che si trovano di fronte a una narrazione della storia e della vita della loro città duecentesca nelle loro molteplici espressioni. Come attestano le belle pagine dedicate all’architettura, alla gastronomia, al carattere dei parmigiani, che vengono descritti felicemente con una grande varietà di toni, talvolta di paura talaltra di stupore, ora ironici e ora indignati.
La “Cronica”, in estrema sintesi, è un’opera pregnante di umanità, come rilevano gli stessi autori dell’antologia, evocando non a caso in esergo il celebre emistichio di Marziale: «Hominem pagina nostra sapit» (X, 4, v. 10). Come, infatti, l’antico poeta nei suoi epigrammi seppe ritrarre in maniera impareggiabile la vita della sua epoca, così il Cronista del Duecento ha dato vita a un’opera in cui racconta con notevole efficacia il bene e il male dell’umanità del suo tempo.
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