In principio. In principio Dio creò il cielo e la terra: così inizia la Bibbia. E ancora la Bibbia ci dice che creare non fu facile neppure per Dio. Figuriamoci – voglio dirlo all’amico Angelo Colangelo – se possa essere facile fare l’Unità d’Italia e gli voglio raccontare – ma lui lo sa meglio di me – che si tratta di una storia che in principio si mescola con l’odio tra due paesi lucani e ancora continua a mescolarsi con tante cose strane.

In principio, dunque, il regno d’Italia fu proclamato con un atto normativo sabaudo del regno di Sardegna  (legge 17 marzo 1861, n. 4671) col quale Vittorio Emanuele II assunse per sé e per i suoi successori il titolo di Re d’Italia. La numerazione delle legislature della Camera dei deputati del nuovo regno proseguì le sette legislature del regno di Sardegna e quindi (avverbio di indiscutibile valore deduttivo-conclusivo) la prima legislatura dell’Italia unita fu … ottava.
La storia, quindi (detto col medesimo valore), cominciò storta. E se si riflette su storie particolari, e più in particolare sulla storia del collegio elettorale di Tricarico, si comprende che per il Sud l’inizio della storia fu ancora più storto. Mi riferisco all’elezione del primo (ma si può dire anche ottavo?) deputato eletto appunto in quel collegio elettorale. Un inizio storto, che di più non è possibile immaginare, non per colpa del candidato, che era un buon patriota con le sue idee, lontane quanto – occorre che mi ripeta – di più non è possibile immaginare dal modo di pensare dei suoi elettori, che di lui non sapevano nulla, come lui non sapeva nulla dei suoi elettori.
Uomo colto, battagliero, attivo, di sinistra, massone aderente alla Loggia Grande Oriente d’Italia, costui fu eletto nel collegio di Tricarico per tre legislature (le prime tre, che erano anche ottava, nona e decima), dal 1862 al 1870, per il resto della sua vita finita cinque giorni prima del termine della legislatura e un mese e mezzo dopo la presa di Porta Pia, il sogno della sua vita.

Profuse la sua attività prevalentemente per il Nord, per l’Italia e per l’Europa, ma ebbe il fiuto politico di lasciare un opuscolo intitolato: Agli elettori di Tricarico: Ricordi.

Per capire bene di che cosa si sta parlando occorre dire come prima cosa che le elezioni erano regolate, con modifiche non sostanziali, dalla precedente legge elettorale adottata dal regno di Sardegna nel 1848, che prevedeva un sistema maggioritario a doppio turno, con ballottaggio tra i due candidati meglio votati nel caso che nessuno dei candidati avesse ottenuto la maggioranza assoluta.
La base elettorale (unicamente maschile) era censitaria e questo sistema permetteva di far votare appena il 2% della popolazione del regno.
Fatta l’unità, la conseguenza fu che la base elettorale era in buona, anzi in più che buona parte settentrionale, escludendo così le grandi masse e la quasi totalità delle popolazioni del Sud. Il senato del regno, invece, era di nomina regia.

Facevano parte del collegio elettorale di Tricarico 14 Comuni, tra i quali Accettura e San Mauro Forte, che si odiavano a morte, reciprocamente: come Roma odiava Cartagine.

Il primo deputato del regno d’Italia eletto nel collegio di Tricarico – e rieletto nelle successive due legislature – si chiamava Filippo De Boni.Non era lucano, quando fu presentata la sua candidatura non sapeva neppure che nel cuore della selvaggia Lucania c’era un paese chiamato Tricarico; non solo non era lucano, non era “suddito del re” e, quindi, non era eleggibile. Infatti, lo statuto albertino, la “costituzione” vigente in quel tempo, prescriveva all’art. 40 che «Nessun Deputato può essere ammesso alla Camera, se non è suddito del Re».

Se dovessi spiegare in due parole perché fu eletto proprio De Boni direi la pura verità affermando che fu eletto perché  Accettura e San Mauro Forte, come ho detto, si odiavano a morte, e ancora si odiavano quando io abitavo ad Accettura. Un odio secolare. 

Filippo De Boni era nato il 7 agosto 1816 in una frazione vicino a Feltre in Provincia di Belluno, che non faceva parte dell’Italia unita, ma dell’impero austroungarico. Di formazione seminariale, giornalista e politico mazziniano, anticlericale e di sinistra aveva partecipato alla spedizione garibaldina nel regno borbonico con intenti mirati in particolare all’avversione allo stato pontificio. Nel settembre 1860 si ritrova anche lui a Napoli con i massimi esponenti della Sinistra – Mazzini, Cattaneo, Ferrari, Saffi ecc., – per agire su Garibaldi e impedire che la conquista garibaldina si trasformasse in una conquista regia. Fu tutto inutile, e De Boni attribuì la responsabilità a Garibaldi “quanto splendido nel campo di battaglia, altrettanto inetto a organizzare e a governare”.

L’elezione, inoltre, fu abbastanza travagliata. L’ho ricostruita attentamente in tutte la varie fasi (elezioni e ballottagi, inchieste giudiziarie e annullamenti) e qui ovviamente la riassumo.
Ci fu una prima votazione di ballottaggio, in cui De Boni, uno dei due candidati contendenti, fu soccombente. Proclamata l’elezione del suo avversario, questa fu annullata dalla Camera, dove, nel corso di seduta, fu segnala la qualifica di segretario generale d’Intendenza della Basilicata del candidato proclamato eletto; qualifica che lo rendeva ineleggibile.

Nella successiva tornata i due candidati concorrenti erano Filippo De Boni e Pasquale Giliberti.
Prevalse Giliberti per 2 voti, ma nessuno dei due aveva ottenuta la maggioranza assoluta. Fu necessario procedere alla votazione di ballottaggio, che assegnò la maggioranza assoluta a De Boni, con 25 voti di scarto su Giliberti.

In sede di convalida si posero due questioni.
La prima concerneva la rilevata questione di ineleggibilità, che fece molto discutere.
Incontestabilmente la questione non era giuridica, giacché lo statuto non aveva carattere rigido (si pensi allo scempio che ne fece il fascismo, senza che i provvedimenti di fascistizzazione dello stato comportassero l’abrogazione dello statuto), ma politica. Si trattava di decidere se dare la prevalenza allo statuto o alla politica, ossia alla deliberazione parlamentare.
La seconda questione concerneva la regolarità dell’elezione a causa di violenti moti di disturbo delle operazioni elettorali inscenati da elettori di Accettura e di San Mauro Forte. Quella elezione vedeva contrapporsi un accetturese, Pasquale Giliberti e un nordico sconosciuto, piombato da Feltre, non facente parte del regno d’Italia e posta sotto il dominio austriaco. I sanmauresi sostenevano De Boni per contrastare l’accetturese Giliberti, e fu la guerra. La Camera dispose una inchiesta giudiziaria affidata al giudice della corte criminale come procuratore generale e, avuta dettagliata relazione, annullò anche questa seconda elezione.
Siccome la Camera aveva disposto l’inchiesta giudiziaria, con ciò aveva implicitamente sancito la eleggibilità del De Boni.

Si procedette a una terza votazione e alla successiva votazione di ballottaggio che vide finalmente eletto Filippo De Boni. La Camera convalidò votazione ed elezione di De Boni, che fu rieletto nelle successive due legislature.

 

3 Responses to IN PRINCIPIO: LA STORIA DEL REGNO D’ITALIA SI MESCOLA CON L’ODIO TRA ACCETTURA E SAN MAURO

  1. Rachele ha detto:

    Un riassunto dettagliato.
    Buona domenica a te e a tutti i lettori.

    • antonio martino ha detto:

      Ricambio l’augurio anche a nome di Titina. Non anche a nome dei miei lettori, perché – non per parafrasare ironicamente Manzoni – a quanto so con certezza l’unica mia lettrice sei tu.

  2. Rachele ha detto:

    Vedo dalla Lettera lucana del 17 novembre che i tuoi lettori sono più numerosi di quelli del Manzoni.
    Scherzi a parte, Di Consoli ti legge. Eccome! L’omaggio che ti ha fatto è più che meritato. Cari saluti.

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