Inizialmente riferisco un ricordo vomitevole (molto vomitevole)
e all’accanimento di noi ragazzi tricaricesi, nella cosiddetta villa, in giochi crudeli con le lucertole e altri poveri animali. Poi dico del pentimento che seguì e cerco di dare una certa spiegazione della crudeltà infantile.
Per fare accettare l’inizio vomitevole e farmi perdonare tutto, nel prossimo post pubblicherò due belle poesie e un altrettanto bel romanzo in attinenza poetica e terminologia con lucertola.

I nostri giochi di bambini erano: mozzare la coda delle lucertole, catturare talpe, abbattere rondini con la fionda, andare a nidi. Io  li ho fatti tutti questi giochi, tranne che andare a nidi. Se l’avessero saputo le mie nipoti, mi avrebbero odiato, e mi odierebbero ancora, ma per fortuna non leggono il mio blog.

A nidi, come ho detto, non sono mai andato. L’idea di andarci,  prima ancora che mi frullasse in testa, la spense il racconto dell’unica volta che ci andò Antonio Albanese con T.T. (So chi è, ma non farò il nome neanche sotto tortura).

T.T. prendeva dai nidi gli uccellini ancora implumi e li squartava, prelevava poi dal tascapane teste di aglio già mondate, le tagliava col suo temperino, riducendole a pezzettini, che univa alle parti squartate degli uccellini, che subito mangiava, crudi. Ad Anntonio veniva da vomitare e non andò più a nidi. Io, da allora, avrei voluto evitare la compagnia di coloro che andavano a nidi. Ed era un problema: tutti andavano a nidi, talvolta mi dicevo che forse i miei compagni non mangiavano gli uccellini implumi conditi con l’aglio e che T.T. fosse l’unico che li mangiasse. Ma al pensiero mi veniva da vomitare e non sono mai andat0 a nidi.

Non sono mai riuscito ad abbattere una rondine con la fionda e non ho mai visto abbatterla da qualcuno dei miei compagni. Eppure in tanti ci provavamo e sembrava una cosa facilissima. In primavera arrivavano migliaia di rondini, che oscuravano il cielo. Una volta una rondine, volando a bassa quota, rimase impigliata nei miei capelli.

Nella villa ho mozzato la coda a centinaia di lucertole. La lucertola restava immobile, come morta. Forse era morta davvero, pensavo. La coda mozzata si agitava velocemente, con i movimenti della coda la lucertola ci bestemmiava i morti: I morti tuoi, i morti tuoi . Noi rispondevamo bestemmiando i morti alla lucertola: I morti tuoi, i morti tuoi. Si accendeva una gara, i movimenti della coda era vorticosi e bisognava che noi bestemmiassimo ancora più velocemente i morti alla lucertola. La gara era estenuante, ci mancava il fiato, e continuava senza sosta fino a quando i movimenti diventavano più lenti, noi allora diventavamo più veloci a bestemmiare i morti alla lucertola e vincevamo la gara. La lucertola rinveniva e fuggiva senza la coda, che restava sul terreno.

La coda ricrescerà, diceva qualcuno. Ma tutte quelle lucertole senza coda che vedevamo nella villa ci facevano dubitare che le code ricrescessero. Con tutte le code che mozzavamo temevamo che non avremmo più trovate lucertole con code da mozzare.  

Quando crebbi e cessai di mozzare code alle lucertole, mi assalirono gli scrupoli. Me ne liberai studiando scienze al liceo. Il professore della materia, che doveva essere stato un mozzatore di code di lucertole più di me, ci spiegò l’autotomia, ossia il fenomeno che presentano certi animali, tra cui le lucertole, consistente nell’amputazione spontanea di alcune parti del corpo, che vengono in seguito rigenerati. La lucertola, per ingannare il predatore o l’assalitore si finge morta e stacca volontariamente il pezzo di coda lungo un piano di rottura prestabilito a valle di una sezione della stessa dove abbondano cellule staminali; la coda continua a muoversi contorcendosi velocissimamente, le contorsioni vanno via via affievolendosi nel momento in cui l’ossigeno presente nei vasi sanguigni recisi inizia a scarseggiare, fino  a cessare.

Successivamente nell’arco di alcuni giorni la coda ricrescerà. La velocità di rigenerazione è da mettere in relazione con la facilità con cui l’autotomia si verifica. Può succedere che la coda non si stacchi completamente e che una seconda spunti dalla ferita.

 

10 Responses to LE CODE MOZZATE DELLE LUCERTOLE

  1. domenico langerano ha detto:

    Caro Antonio essere un signore anche nella rimozione dei ricordi dei giochi perversi che avevamo a Tricarico rischia di essere una censura che io voglio superare integrando ai tuoi, i miei ricordi di giochi ‘cruenti’ contro gli animali.
    1) L’accoppiamento dei cani era per noi ragazzi un momento di sadica eccitazione e di gioco perché, rincorrendo le povere bestiole per le strade, menavamo con le mazze vigorosi fendenti sul membro del cane ancora incastrato nella cagna, molte volte facendolo sanguinare e quindi provocandone la morte per dissanguamento
    2) Il controllo ‘demografico’ dei cani e dei gatti avveniva in modo orrendo e cruento e, credo, con la tacita approvazione degli adulti che in tal modo risolvevano il problema del proliferare di cani randagi.
    Appena individuata una cucciolata, i cagnolini venivano poggiati su un muretto e lapidati: ci sfidavamo a centrarli con pietre acuminate. Come commentare questa barbara usanza, se non che ci andava bene perchè non esisteva ancora l’Ente Nazionale Protezione Animali
    3) La ‘freccia’ la usavamo soprattutto contro i falchetti che ruotavano attorno alla torretta della saracena perché più lenti delle sguitanti rondini
    Ciao Antonio e buon fine settimana da
    Mimmo

    • Nicola Carbone ha detto:

      Caro Mimmo, per me ed i miei amici andare per nidi significava tutt’altro.
      Cercavamo i nidi con curiosità e quando gli uccellini erano prossimi al volo li prendavamo e li accudivamo cercando di farli diventare grandi per tenerli in gabbia.
      Dovevamo nutrirli tre o quattro volte al giorno con mandorle fresche masticate da noi.
      Dopo ho capito che solo pochissimi sopravvivevano perché la masticazione delle mandorle trasmetteva batteri letali per gli uccellini.
      Ovviamente per noi catturarloi, allevarli con alto rischio di morte e per i più fortunati vivere per tutta la vita in gabbia non fossero problemi ma il fine era quello di osservarli da vicino per conoscere le peculiarità di specie.

      • antonio-martino ha detto:

        Rispondo a Nicola Carbone e a Mimmo Langerano. 1)Non sono mai andato a nidi e non ricordo perché si andasse; l’unica orrenda cosa che ricordo è quella che faceva T.T.; 2) Mi ero completamente scordato dell’eccitazione per l’accoppiamento dei cani, ma non ricordo nessun caso di crudeltà che dici; molto probabilmente la rimozione è dovuta al pentimento; 3)non ricordo “il controllo demografico di cani e gatti”, ma sono certo che non ho mai preso parte; 4)Si, janciavo frecce conro i falchetti, ma non ne ho mai beccato uno, per fortuna sono sempre stato un grande imbranato.Saluti a tutti due.

  2. Rocco Albanese ha detto:

    Ciao Antonio e a tutti i partecipanti del blog.
    Sono più giovane di Voi, ma purtroppo queste usanze orrende le praticavamo anche noi.
    Solo al pensiero oggi,inorridisco. E penso che le vere bestie eravamo noi. Mi chiedo da quale epoca provenivano queste gesta tribali… Sono super contento che i ragazzini non le pratichino più. Abbiamo un cane e lo amiamo come uno di famiglia…

  3. Rachele ha detto:

    Usanze orribili!
    Ma ricordo che anche noi bambine facevamo la nostra parte, non so quanto meno orribile.
    Catturavamo le lucciole in un barattolo per schiacciarle poi con i piedi e creare una scia dorata che chiamavamo inferno. Ho scoperto da poco che era l’effetto della luciferina.

    • antonio-martino ha detto:

      Meno orribile? Alle lucertole non facevamo male, perché la coda se la staccavano da sole, anche se noi lo sapevamo; a nidi non sono mai andato e forse gli uccellini implumi li squartava e mangiava solo T.T.; non ho mai catturata una talpa né ho visto qualcuno catturarla; nessuno di noi mai riuscì ad abbatttere una rondine. Voi eravate peggio di T.T.

  4. domenico langerano ha detto:

    Caro Antonio abbiamo detto solo la verità di un tempo che é stato, fu e speriamo non ritorni, anche per i nostri giochi.

  5. Rachele ha detto:

    La lucertola dell’amore
    Ancora una volta è fuggita
    E m’ha lasciato la coda fra le dita
    (Jacques Prévert)

  6. Rachele ha detto:

    Non era completa, non sapevo.

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