La sezione Leggendo al focolare Rocco Scotellaro del mio blog Rabatana – cammei e bagatelle tricaricesi – era stata aperta con l’intenzione di anticipare il testo di un libro da fare uscire a stampa il 16 dicembre 2023, il giorno in cui l’opera di Rocco Scotellaro sarà finalmente libera dopo 70 anni dalla sua morte e sarà divenuta patrimonio pubblico.
Il 15 dicembre del 2023 un laccio si scioglierà e le opere di Scotellaro saranno finalmente liberate dal diritto esclusivo di sfruttamento economico, fermo restando che resta inalienabile e intrasmissibile il diritto morale d’autore, spettante senza limiti di tempo ai discendenti diretti e indiretti.
Rocco non ha visto nessuno dei suoi libri. Morì inedito. Non ha visto un centesimo dei suoi diritti d’autore. Il giorno in cui morì scrisse due lettere, scrisse le sue ultime parole, tra cui: “Senza soldi e ho tanto bisogno di aiuto”.
La mia intenzione era far tornare Rocco al suo focolare a raccontarci la sua condizione e i problemi di poeta inedito, conosciuto, amato, pianto, per poi leggerci i suoi tre libri pubblicati sei mesi, sette mesi e un anno dopo la morte, che nuove proposte editoriali hanno fatto sparire e di cui il copyright ha bloccato anche la ripubblicazione a proprie spese.
Dopo la lettura di Rocco, qualcuno dei partecipanti a queste serate al focolare avrebbe raccontato le successive proposte editoriali fino al recente Baobab del 2019.
Altro è un blog quotidiano, ruspante, altro un libro, Il mio proposito è stato un errore. La lettura al focolare va costruita con attenzione e cura, non può essere anticipata sul blog. Do atto del mio errore.
Spero di essere vivo e abile fino al compimento del centenario di Rocco e di poter scrivere questo racconto, pubblicando a mie spese il libro al quale sto lavorando.

Nel frattempo Rabatana continua nel suo impegno precipuo di ricordare Rocco.

E’ fatto giorno: 1954
Neve
PER IL CAMPOSANTO

Quando passo, per la passeggiata,
avanti il tuo cancello,
papà mio bello
che stai di casa oltre la murata,
allora c’è la pica, se è sera, che ride,
sono scostumato ché non ti saluto:
mi rimandavi indietro sulla porta,
avevi ospiti e forestieri,
perché imparassi a dirti buonasera.

     La lirica «Per il camposanto» apre la Sezione «Neve», che prende il titolo dalla quarta poesia della Sezione stessa.
     Compongono «Neve» 12 poesie, che descrivono l’atmosfera mirabilmente resa nell’omonima poesia e in «Desiderio», «Già si sentono le mele odorare», «La luna piena» e, come motivi prevalenti, gli affetti familiari: per il padre («Per il Camposanto», «La benedizione del padre», «Mio padre», «Nel trigesimo», «Così papà mio nell’America», la madre («A una madre»), la sorella («Mia sorella sposata»), sorella ricordata anche in «Già si sentono le mele odorare».
     In questa prima poesia, che apre la Sezione, Rocco chiede scusa al padre se, passando davanti al cimitero per la passeggiata, non lo saluta. E ricorda.

     «Per il camposanto» è la poesia che ho sentito recitare più spesso dallo stesso Rocco. Recitare è la parola giusta, perché Rocco si divertiva a rifare la scena, sceneggiando il gesto imperioso e la voce severa del padre.
Tornando dopo i giochi e avendo salito di corsa le scale, irrompeva in casa tutto accaldato, sudato e ansimante, senza salutare. Specialmente se c’erano ospiti, il padre levava il braccio con l’indice teso verso la porta, intimandogli : « Fuori! Esci fuori! Poi torna e dici buona sera » (sono scostumato ché non ti saluto:/mi rimandavi indietro sulla porta, /avevi ospiti e forestieri,/ perché imparassi a dirti buonasera).

     Allora non c’erano automobili, tranne quelle dei noleggiatori. Nella passeggiata sulla via Appia, fino a Santa Maria, si riversava tutto il paese. L’aria era fresca e profumata dai fiori d’acacia, che ornavano la chioma degli alberi ai margini della via, i ragazzi, incuranti della polvere che si era accumulata, mangiavano i fiori, che avevano un dolce sapore e lasciavano la bocca fresca e profumata, e le more, e ammiravano le ragazze. Era un bel momento di svago e di serenità e, passando davanti al cimitero, qualcuno faceva il segno della croce, qualcun altro rivolgeva un pensiero ai suoi morti, molti passavano indifferenti.

     I miei compagni di passeggiata ora stanno di casa oltre la murata, o in altri Cimiteri in ogni angolo del mondo, o in fondo al mare. Gli alberi di acacia sono stati eliminati per la sicurezza del traffico. Quando anch’io andrò a stare di casa oltre la murata, davanti al cancello sfrecceranno le automobili e nessuno saluterà i suoi morti. Così succede che il 25 Aprile, nessuno, ma proprio nessuno, abbia il pensiero di portare un fiore al Monumento ai Caduti.

 

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