Rileggendo al focolare Rocco Scotellaro – IL MORTO
A ME E A MARIO TRUFELLI, CHE CAMPEREMO ALTRI 100 ANNI
E’ fatto giorno: Giugno 1954
La Casa
IL MORTO
Non voglia mai far notte, mai far giorno,
è venuto di piombo il pane al forno
Cicala canta la canzone spasa,
il tizzone si è spento nella casa.
S’alzano i gridi ringhiera ringhiera:
Giustizia nera, Giustizia nera.
(1951)
La poesia è il racconto del rito del pianto del morto, che comportava saper piangere il morto, recita, sull’eco dell’antica usanza delle prefiche, di cantilene con cui si decantavano le virtù del morto e si imprecava alla morte col grido “giustizia nera, giustizia nera”.
Il poeta dice che la cantilena mortuaria è come un canto di cicala che si spande nell’aria. Immagine che pare imposta da esigenze di rima, volta a introdurre l’immagine reale del fuoco spento nel focolare, che toglie calore alla casa e fuoco al ‘caldarulo’ vuoto.
Tra le carte di Scotellaro è stata trovata una nenia popolare, Na cantata ri mammaranna, con la traduzione in italiano dello stesso Scotellaro, pubblicata, poi, in «Lucania», I, 2, novembre – dicembre 1954, pp. 79-80 con il titolo « Un canto della nonna » e con il corsivo Traduzione da « Na cantata ri mammaranna », nenia del folklore lucano (G.B. Bronzini, L’universo contadino e l’immaginario poetico di Rocco Scotellaro, Edizioni Dedalo, Bari 1987, pp. 307-309). La nenia ha molti motivi, tra cui quello della morte in guerra. (Bella figliola nun fa tanta figli / ca po vene lu re ca si li pigli. ….Nun vole fa cchiò notte e jurne / s’è ‘nchiummate lu pane ‘nta lu forne! / Figli ri mamma soia allu maciddo / nun tengo cchiò capedde ara strazzarme. / Figli ri mamma, figli. / …).Traduzione (di R.S.): Bella ragazza non fare tanti figli / perché poi viene il Re che se li prende … / Non possa far più notte, né giorno / si è impiombato il pane nel forno. /Figli di mamma sua al macello, / non ho più capelli da strapparmi / Figli di mamma, figli.
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