Un viaggio negli anni che segnarono il cambiamento all’interno del sistema politico italiano: dai prodromi di «Mani pulite» all’affermazione di Silvio Berlusconi e del centro-destra nel 1994

Recensione di Piero CRAVERI

Abbiamo ora con il libro di Simona Colarizi,  Passatopresente, la ricostruzione storica più accurata, fino ad ora conosciuta, della caduta della prima Repubblica. Quella classe dirigente venne allora presa tra due fuochi concentrici, da un lato l’inchiesta giudiziaria avviata dalla Procura di Milano, dall’altro il deflagrare, nel settembre del 1992, di una profonda crisi valutaria.

Colarizi sa connettere, oltre questi due aspetti, i profili internazionali ed economici di questa crisi.

Nel dicembre 1991 era stato firmato il trattato di Maastricht, che introduceva la seconda fase dell’euro. Si apriva improvvisamente una nuova stagione di conti pubblici che riduceva le facoltà di spesa. Fu il governo Amato, l’ultimo della prima Repubblica, ad operare il risanamento necessario, con una forte manovra difensiva e di contenimento della spesa pubblica. Con esso crollava anche l’economia mista, che era stata la spina dorsale del sistema economico italiano.

Quanto all’inchiesta giudiziaria, avviata dalla Procura milanese, aveva un suo fondamento.

Venivano infatti allo scoperto modalità del tutto illegali di finanziamento della politica. Bettino Craxi, in un suo discorso alla Camera, del luglio 1992, ne fece un quadro inequivocabile. Erano le modalità con cui la prima Repubblica finanziava la “politica”. E ciò fino ad allora era stato consentito dalla stessa magistratura, che finiva per archiviare i procedimenti in corso. V’erano state, nei passati decenni, tensioni ben più gravi, come alla fine degli anni Settanta, con i procedimenti aperti sui petroli, sui Caltagirone, sulla tangente Eni- Petronim con la P2 e altro ancora. Ora che la magistratura aveva cessato di avere, come si diceva, i suoi “porti nelle nebbie”, era l’intero sistema politico a saltare.

I magistrati della Procura milanese condussero l’inchiesta, uniti dalla convinzione di vincere una volta per tutte la corruzione, che invece sarebbe continuata in altri modi.

Presero così anche a forzare le procedure, una tendenza che, come nota Colarizi, si avviò proprio con “mani pulite”, alterando il rapporto costituzionale tra poteri dello Stato ed esercitando un ruolo senza meditato controllo, in seguito adeguandosi ad interessi neocorporativi, che non dovrebbero appartenere alle funzioni di un corpo dello Stato.

Colarizi mette giustamente l’accento sul fatto che quel sistema politico da quindici anni era rimasto lo stesso, portando con se promesse radicali di mutamento che non avvennero mai e determinarono così la lunga premessa di quel crollo repentino. E fu in una siffatta caduta di poteri statali che la sinistra italiana, guidata dal partito democratico postcomunista, pensò di poter in fine rappresentare una alternativa vincente, per venire invece travolta nel 1994 dall’improvvisata coalizione di Silvio Berlusconi.

Con Berlusconi il sistema politico acquisiva una valenza nuova: da centrosinistra stabile, diveniva tendenzialmente di centrodestra. Il paradosso italiano fu quello di trattarsi di un centrodestra senza un’idea di Stato. Nasceva infatti sulla pretesa di una società che voleva rappresentarsi quale era, senza altra specificazione che la natura funzionante del suo sistema economico-produttivo.

Nelle elezioni successive del 1996 Berlusconi non riuscì a ricomporre interamente la sua coalizione e diviso dalla Lega Nord, lasciò la maggioranza nuovamente nelle mani della sinistra. Con Romano Prodi e Carlo Azeglio Ciampi questa portò definitivamente l’Italia nell’euro.

Anche qui propriamente non era un’idea di Stato, ma di piena integrazione europea, quella da cui vennero i lineamenti di una nuova statualità, con il patto di stabilità e un rafforzamento dei poteri del governo. Si volle inoltre temperare tutto ciò con un rafforzamento delle autonomie locali. Quello che si faceva da un lato, si sfaceva dall’altro, cosa che non ha giovato all’armonia complessiva del sistema. Quando nel 2001 Berlusconi assunse nuovamente la guida del governo, pur avendo una forte maggioranza parlamentare, i suoi margini di governabilità risultavano strutturalmente assai ridotti, così che non riuscì a modificare il sistema ormai così consolidato istituzionalmente.

Da ciò si è manifestato un crescente populismo che rende precaria la stessa possibilità di una stabile alternativa interna di sistema. Una storia complessa da approfondire.

Dispiace che Colarizi si sia fermata al 1994, premessa senza la quale, tuttavia, sarebbe difficile passare alla storia della seconda Repubblica.

Simona Colarizi – Passatopresente. All’origine dell’oggi 1989-1994
Laterza, pagg. 214, € 20

 

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