Si leggano le riflessioni di Andrea Di Consoli aprendo il link https://iltirreno.gelocal.it/…/sono-gia-passati-i…(Sono già passati i quindici minuti di celebrità del curling) e di Angelo Colangelo aprendo il link https://www.stigliano.net/biblioteche-lucane-e-dintorni/?fbclid=IwAR2ZCHeYEy-QMLL4BM6HNugPD79Aiy (Biblioteche lucane e dintorni).

Io, che ho (quasi) la somma degli anni di Di Consoli e Colangelo, dico a loro: Coraggio, un nuovo mondo si annuncia e tocca anche a voi contribuire a che venga costruito bene.
Forse la vita una volta (anche alla mia volta, che era già molto diversa della volta di Di Consoli e Colangelo) era più sana e più bella. Ci voleva anche molto più tempo, ma si era padroni del tempo. Ora il tempo corre più veloce del vento, sfugge dalle mani, non è più nostro.
Ma riflettiamo. Quando apparvero i primi libri in brossura c’era chi li detestava. E ai tempi in cui Gutenberg inventò la stampa nel XV secolo i monasteri furono zeppi di monaci che si lamentavano perché la Bibbia stampata mancava del tocco umano. Probabilmente, se tornassimo indietro al 3000 avanti Cristo incontreremmo un egizio che si lagna perché i geroglifici sono stati brutalmente soppiantati dalla nuova moda della scrittura ieratica. Non c’è mai fine. Bisogna trovare il senso dei tempi nuovi. Tocca a voi.
Io non frequento più le sale di lettura della Biblioteca Ariostea di Ferrara, pur vicinissima a casa mia. Non solo il fardello degli anni mi vieta l’accesso. L’accesso a quelle sale fu vietato anche a Giorgio Bassani, ma ovviamente per altri motivi e a lui fu data un’altra possibilità. A me è solo dato il rifugio al computer.

Giuseppe Ravegnani, direttore della Biblioteca Ariostea di Ferrara a motivo delle leggi razziali del 1938 impedì a Giorgio Bassani  l’accesso alle sale di lettura, però gli consentì di usufruire  della sua ricchissima  biblioteca privata. A detta di molti, questo fu il motivo ispiratore della figura del professore Ermanno Finzi-Contini romanzata nel Giardino dei Finzi Contini.

La stessa persona da una parte escludeva e dall’altra ospitava. Piero Stefani vede in questo stilema argomenti connessi all’ebraicità di Bassani. Lo scrittore ebbe con l’ebraismo un rapporto sobrio ma molto cosciente, fatto di provenienza e non di convinzioni religiose. Del resto lo stesso Bassani ironeggiò su un tipico modo degli ebrei di definire gli altri ebrei come propri correligionari, lo fece fino al punto di qualificarli come corrazziali. Ciò evidentemente avveniva non già perché condividesse la visione secondo cui esiste una razza ebraica, ma perché non riteneva che quella religiosa fosse una categoria significativa per indicare la propria appartenenza ebraica. Per lui la religione era quella crociana della libertà. Non per nulla Bassani ci teneva a dichiarare di aver sperimentato la galera (fu racchiuso per un paio di mesi nelle carceri di via Piangipane a Ferrara) in qualità di antifascista e non già in quanto ebreo.

“Provenienza di Ferrara” significa, nel caso dell’ebraismo, quello che vale anche per l’intera sua produzione in prosa: in Bassani nulla sarebbe pensabile senza un legame inscindibile con Ferrara.

Ferrara è la città in cui ho tessuto tutta la mia vita e dove morirò. Anche di Ferrara avrei nostalgia se la lasciassi, se tornassi a Tricarico. Vedo in questa città anche una certa mia “provenienza di Ferrara”.
La mia casa è vicinissima alla casa che fu di Bassani, che non a caso incontravo per strada quando tornava da Roma. Non ebbi mai il coraggio di fermarlo e dirgli che ero stato amico di Rocco.
Quando andai in collegio per frequentare il liceo non sapevo nulla di calcio, i miei compagni sapevano tutto ed erano tifosissimi di una squadra, in prevalenza del Napoli. Io mi trovai escluso, isolato. Dovetti cercare la mia squadra del cuore e la trovai nella SPAL (Società Polisportiva Ars et Labor) di Ferrara. La SPAL era allenata dal mitico Carlo Mazza, gran scopritore di talenti, li comperava per quattro soldi, li faceva diventare campioni nel Centro Sportivo Giovanile della squadra, salita alla serie A, e li vendeva milioni.
Il 17 dicembre del 1953, seguendo il corteo funebre di Rocco Scotellaro, leggevo queste parole da lui scritte il giorno della sua morte in una lettera a Antonio Albanese: «Io penso di avere un reuma fortissimo al petto e alla gola. Ma disgraziatamente solo un dottore in Italia si intende, positivamente e cioè guarendo, di reumatismi: ha 95 anni e sta a Ferrara».
Questo medico novantacinquenne era il dottor Minerbi, nonno materno di Giorgio Bassani, lo scrittore che ho conosciuto e letto molto grazie all’amicizia di Rocco Scotellaro. Rocco morì inedito, ma pubblicava sulla prestigiosa e riservata rivista Botteghe Oscure, diretta da Giorgio Bassani. Rivista di solito molto voluminosa (in media 500 pagine a fascicolo) presentava articoli in ben cinque lingue (italiano, francese, inglese e, a fascicoli alternati, tedesco e spagnolo).

 

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