Oggi a Tricarico si celebra il rito della sepoltura di Mimmo Molinari con la celebrazione della Messa alle ore 16 nella Chiesa di San Potito. Sarò mentalmente e spiritualmente presente.

E pregherò, reciterò il Padre Nostro della Pace.

Questa notte – una mie tante, direi solite notti insonni – ho pensato alle morti che ho dovuto piangere nel corso lunghissimo della mia vita. Il compagno di quinto ginnasio; quello di secondo di liceo, anche compagno in convitto, dormiva nel letto al lato del mio; le morti in giovane età di mio padre e dei miei fratelli Michele e Franco, in età matura di mia sorella Maria e di mia madre a quasi 95 anni; Pinuccio Pinto zio omonimo dell’ingegnere e Rocco Scotellaro; e tanti, tanti di ogni età e in ogni mia età. Pinuccio si sapeva che avrebbe avuta vita breve; seppe viverla serenamente, normalmente e felicemente e conobbe l’amore, Letizia. La sua seduta di laurea fu fissata un venerdì 17 alle ore 17; Pinuccio mi disse: – Ce l’hanno azzeccata, sono arrivato; visse ancora un anno. L’amore con Letizia era diventato troppo serio, Letizia parlava di matrimonio; Pinuccio mi chiese di parlarle, di farle capire la situazione (che Letizia conosceva bene), di convincerla a chiudere il rapporto. Letizia scoppiò in un pianto violento, disperato, mi prese a pugni, mi odiò.
Quando è cominciata ad andarsene la mia generazione – che in grandissima parte non c’è più –  il dolore è mutato. Si prova una sensazione di crollo della realtà, di lacerazione della vita, e a me lascia la stessa malinconia che mi lasciò la morte di mia madre.

Se perdo il contatto con amici – e sono tanti i contatti persi – non voglio sapere, non mi informo. Se non so egli continua a vivere.

C’è un amico carissimo, una amico di una vita, con il quale non si era mai interrotto il rapporto anche fisico, nonostante che egli vivesse in un altro Paese. Ci vedevamo di tanto in tanto; ci scambiavamo telefonate; leggeva il mio blog e mi raccontava la sua vita; gli mandavo i miei libri ed egli mi ringraziava scrivendomi una vera recensione. Non legge più il mio blog, non mi scrive più; non mi ha ringraziato per gli ultimi due libri, ma io non voglio sapere, né saprei come fare per sapere, se scriverò un altro libero glielo manderò; e così continua a vivere; a vivere realmente.

Ho lasciato su FB due ricordi della mia lontanissima età, in cui è presente Mimmo. Uno dice che ci  affittava le sue scarpe con le suole di cuoio a 2 soldi ( centesimi ) la mezz’ora.
Non si faccia confusione: i soldi non erano centesimi; la parola soldo era ed è una parola ambivalente.

La parola centesimi tra parentesi non significa che per l’affitto pagavamo due centesimi, non vuol dire che, insomma, soldo e centesimo erano la stessa cosa; sta invece semplicemente a chiarire che l’affitto delle scarpe ci costava una miseria; una miseria, peraltro, che era tutta la nostra ricchezza.

Il soldo era indicatore di ricchezza: ha fatto i soldi; tiene i soldi; ha  sposato una donna con i soldi. In realtà era soltanto la ventesima parte di una lira, una miseria, appunto. Se si avevano la tasche vuote si diceva: mi mancano 20 soldi per fare una lira. Il centesimo, come dice la stessa parola, era la centesima parte di una lira. Un euro vale 1936-37 lire.

Credo di aver reso l’idea. Fatevi i conti se volete capire quanto ci costava l’affitto delle scarpe di Mimmo. Una miseria e la nostra ricchezza.

 

5 Responses to Mimmo Molinari affittava le sarpe a 2 soldi, non a 2 cent

  1. (Tonino ha detto:

    Che la terra gli sia lieve,così come lo abbiamo invocato per tutti i nostri cari che non sono più con noi.

  2. Mery Carol ha detto:

    Ciao, Mimmo! Perdonami se non ho fatto in tempo a ricambiare i tuoi saluti. Dell’affitto delle scarpe non sapevo niente, ma so che eri una brava persona e come tale sarai accolto nella Casa del Signore. Riposa in pace!

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