Andrea Di Consoli ha meno della metà dei miei anni, una distanza che fa la differenza: egli va avanti, io resto fermo. Di Consoli è uno scrittore di origine lucana; procedendo in avanti non dimentica la sua terra e il suo passato, ma ha bisogno di assicurare che racconta senza infingimenti. Nel suo articolo uscito ieri su “Il Tirreno” sull’introduzione dell’ora di ginnastica nelle scuole elementari italiane, ha ricordato una partita di calcio della sua infanzia in  Svizzera. C’erano bambini emigrati in maggioranza e svizzeri, vinsero loro individualisti, plateali, esagitati, facevano rovesciate, piroette e finte clamorose, senza una visione del gioco, e Andrea fece una caterva di gol.

Senza infingimenti”: c’è qui la differenza, in questo bisogno di precisare. Per me, invece –  e l’ho scritto nel mio commento –  quello era il vero calcio; ho ricordato le rovesciate di Parola – le sue rovesciate sono le cose più belle che si siano viste sui campi di gioco e che più non se ne fregavano della visione del gioco – e ho pure scritto che io ero un portiere più bravo di Bacigalupo. Vincemmo una partita a Grassano – e bisogna che prima o poi racconti senza indulgenza folcloristica la rivalità trai paesi lucani . Io ero il portiere, che parai l’imparabile … senza una visione del gioco. I Grassanesi dissero che il Tricarico, pagando una cifra astronomica, aveva ingaggiato e schierato Bacigalupo; io risposi che ero più bravo di Bacigalupo.

Chi era Bacigalupo? Lo ricordo riproponendo un post pubblicato il 4 maggio 2019, intitolato: “La preghiera del 4 maggio”.

4 maggio 1944. Settant’anni. Verso le sei della sera cominciarono a filtrare le prime notizie della sciagura, negate o ridotte dalla pietà o come in una sorta di autoinganno nella loro effettiva totale gravità, fino a rassegnarci alla comprensione. Di quella sera e dei giorni successivi ricordo ogni secondo. Appartengo alla generazione che sa a memoria la formazione del grande Torino e ogni 4 maggio una piaga sanguina nel cuore.
Ricevetti nel mio ufficio una delegazione di cinque o sei persone. Il rito formale delle presentazioni dette inizio alla riunione. Di solito, nelle presentazioni formali i nomi non si capiscono e non interessano; se sarà il caso, si chiarirà dopo. In un caso, in quell’occasione, io ripetetti un cognome con tono interrogativo, come a voler essere sicuro di aver capito bene. Un altro dei presenti mi disse: Il dott. Gabetto è figlio del centravanti della squadra del Torino vittima di una sciagura … . Lo interruppi quasi bruscamente: – A me, proprio a me lei vuol spiegare la tragedia di Superga? Io il grande Torino l’ho visto giocare, io appartengo alla generazione che ricorda a memoria e mai dimenticherà la formazione: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola.
Il dott. Gabetto, il figlio di capitan Gabetto, centravanti del Grande Torino e della Nazionale, commosso, mi ringraziò: Grazie. Ha recitato la formazione come una preghiera.
– Era una preghiera – risposi.

 

2 Responses to Caro Andrea, Il vero calcio è quello che giocavi in Svizzera quando eri bambino

  1. Angelo Colangelo ha detto:

    Ciao, Antonio. Segnalo un refuso: 4 maggio 1949 non 1944. Buona giornata, Angelo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.