Ho riletto la galleria di ritratti  pubblicata sul mio Sparse nugae nel tempo dell’attesa. Leggo nella Premessa che la galleria è costruita casualmente, non potendo includere tutti i volti che affollavano la mia mente e che acune assenze non sono involontarie. Vi sono state persone, tra le più care amate e stimate e frequentate, che si erano rifiutate (è la parola giusta) di essere ritratte: l’emozione, la massa di ricordi che affluivano al cervello e al cuore mi bloccavano di fronte alla pagina bianca del computer o del foglio di carta, con le mani incapaci di abbassarsi sulla tastiera o di tracciare segni con la penna. Sarebbe lungo l’elenco di questi volti che si sono rifiutati. Ne nominavo solo uno: Paolo Juvone.

Nel libro sono riportati 24 ritratti. Ni mie appunti ne ho trovati 30. Manca sempre Paolo Iuvone. Impossibile ritrarlo: il più buono, il più bravo, il più generoso, il più sfortunato dei miei amici di Tricarico.

Ricopio uno dei ritratti: CARLETTO e ADDNAR

Carletto era uno spilungone magrissimo alto più di due metri, forse per problemi di natura endocrinologica. Se mai una antropologia ha diviso in razze i tricaricesi, Carletto, dopo molto patire, ne fu fuori.

La statura media dei lucani, e dei tricaricesi, si sa, non era particolarmente elevata. A Tricarico perché, i corti, vale a dire i più corti dei corti, erano chiamati razza Cortese; e i corti chiamavano i meno corti  palazzul, ossia alti quanto un palazzo (anche se erano alti meno di 165 cm. ). Per l’intraprendenza dei corti, che erano in maggioranza e quindi all’attacco per vincere il complesso d’inferiorità, corti e  palazzul  erano due razze, e i primi dominavano i secondi. 

I corti si ritenevano  spicchi: corti e mal cavati, arguti, intelligenti, furbi, d’ingegno, al bisogno perversi.

Si era  palazzul,  come s’è visto,  anche con meno di 165 centimetri. Essere  palazzuli implicava essere un misto di fesso e tardo: da noi si diceva e si dice  ciut.  Più si era alti e più la condizione antropologica peggiorava, più si era  alti e più che ciut si diventava ciutegn; i  palazzul  molto alti erano anche  aglio maschio,  termine includente una pesante allusione alle capacità amatoriali, fino alla certezza dell’impotenza dell’aglio maschio  molto alto anche se aveva generato figli.

Carletto non era sposato e non aveva figli e lo sfottò dei corti era davvero razzista, crudele, incurante delle sue patologie.

L’incivile tormento ebbe termine quando Addnar u’ scarpar, corto che di più non si poteva per non precipitare tra i nani, chiese a Carletto un fiammifero per accendere la sigaretta. – Carlé, min’m nu fiammif’r – ordinò Addnar, e Carletto il fiammifero non glielo porse: lo prese tra le dita, alzò il braccio e lo lasciò cadere da oltre tre metri d’altezza. Addnar disse: Brav Carlè! Si nzst! – Rimasero tutti a bocca aperta.  I corti, nessuno escluso,  decretarono che con quella sua altezza Carletto era fuori causa, non apparteneva alla razza dei  palazzul,  era un fuori serie.

 

One Response to CURT, PALAZZUL HONORIS CAUSA

  1. Antonio Martino ha detto:

    Ben ritrovato, Mimmo! Sperando che non sparisci di nuovo o che a Tricarico non ti metti a ronfare.

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