I CAVILLI DELLA MEMORIA


Voglio più memoria, di certo
per rivivere il mio passato.
Lenti, solenni rintocchi
hanno creato frastuono nella testa.
Lo stridere dei cancelli arrugginiti
ha riaperto un po’ di storie
consumate nell’esilio dal paese.

Ripresa è la quina poesia di questa prima sezione I cavilli della memoria. La prima. Lettera ventidue, esprime la gioia liberatoria per la fuoriuscita dall’incubo dell’afasia poetica, e val la pena ripetere: «gli anni nell’ombra» sono lontani («Finalmente sei uscita dal silenzio», «Sei tornata / riprendi a scrivere / a raccontare pensieri, e favole di poesie»). La titubanza è vinta, non più la posizione di «agguato», ma l’entrata nel gioco in piena regola, sicché «il ticchettio / riempie lo studio di ricordi». Non è forse un caso la scelta della lettera ventidue diventata celebre al seguito di grandi inviati speciali e che qui serve a coniugare in forma unitaria l’esperienza di Trufelli giornalista e poeta. E poi il sillabario, strumento di studio tipico degli anni della fanciullezza che, ritrovato per caso in un luogo imprecisato della casa, diventa occasione di epifania e pretesto per stabilire un collegamento tra presente e passato. Si evoca in forma simbolica lo stato d’indigenza della vita contadina con la sua essenzialità di bisogni («Una goccia d’acqua, un sorso di vino»). E quindi Premura e la poesia che ha lo stesso titolo della sezione: I cavilli della memoria. E ora, quinta, Ripresa. Si vuole più memoria per rivivere il passato. I cancelli arruginiti si riaprono a «un po’ di storie / consumate nell’esilio del paese».

 

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