CRONACHETTE DI PARTITE DI TRESSETTE ALLA CASINA DEI GALANTUOMINI
C’era una volta a Tricarico LA CASINA DEI GALANTUOMINI, dove si giocava a carte e delle partite si stilavano le cronache.
Ne ho trovate tre, sono in versi dignitosi. L’avv. De Maria, padre di Titina, negava di esserne l’autore: si può continuare a dargli credito?
Certo, queste cronachette sminuivano il valore della sua Divina Commedia. Non erano le tre Cantiche, ma circa un paio di centinaia di perfetti endecassilabi, che mandavano all’Inferno o adoravano in Paradiso persone di Tricarico vive e vegete. L’avvocato Giovanni Santoro ne conosceva molti a memoria e, all’occorrenza, li recitava con gran gusto.
Che peccato averla persa la Divina Commedia. Secondo me l’ha fatta sparire Titina, ma lei nega.
Torniamo alle cronachette.
In un certo qual modo si può ancora risalire ai personaggi oggetto dello scherno del cronista, ad eccezione di un tale Tommaso Taddonio, del quale anch’io non ho la più pallida idea.
Sebbene la platea dei lettori di Rabatana abbia mutata fisionomia, i miei amici – gente carica di giovanili energie vitali e di bellezza, non ama i vecchietti ridotti in panchina – se la sono squagliata e li hanno sostituiti altri ignoti visitatori, c’è Sandra Pinto, la cara Sandra, fedele visitatrice del blog, del quale non si perde una battuta, troverà suo padre don Vincenzo e forse anche Pinuccio suo nipote troverà il nonno; potrebbe anche essere ricordato don Giulio Buono – il nome, non più che il nome di don Giulio -; vi sono anche gli eredi – che non so se abbiano mai visitato ilo mio blog – dell’avv. Lorigi, che io feci appena appena in tempo a conoscere; e in via Rocco Scotellaro c’è di fronte alla casa di Rocco, e forse ancora si chiama, il “palazzo Rivelli” di un famoso notaio oriundo di Salandra, che che io non conobbi, ma conobbi le sue snob discendenti, che tornavano da Roma a passare le estati.
SU UNA RILEVANTE FESSERIA DEL PRIMO PRESIDENTE DELLA CASSAZIONE CAV. PANCRAZIO AVV. LORIGI
Aveva un avversario denunziato
tre tre meno bastoni
e la partita minacciava cappotto
da quel lato, ond’era l’alta accusa dipartita.
Aveva don Pancrazio conservato
l’asso di spada terzo – unica vita –
ed il compagno suo avea scartato
mai spada alcuna, sì che ben chiarita
era la mano di quel due fatale.
Giocò la piccola il padron del tre
e don Pancrazio tenne l’asso a sé.
Or la presa co’ l due fu cotale
che il punto non fu fatto
ed il cappotto provenne
da l’errore di quel dotto.
SU UNA IMPRUDENZA DEL COMM. NOTAR RIVELLI AVV. FRANCESCO, PRESIDENTE DELLA SEZIONE ‘CALABRESELLA’ COLLOCATO A RIPOSO, IL QUALE DA SPETTATORE VOLLE GIUSTIFICARE, EGLI UOMO ACCORTO E SAGGIO, LA FESSERIA DI UN GIOCATORE, SOSTENENDO UNA FESSERIA ANCORA PIU’ GROSSA.
E chi di voi non ha, com’io sovente,
sentito pronunziar proverbi belli
d’alta saggezza dal notar Rivelli,
che tutti noi sappiam se sia prudente?
E fra le tante massime e sentenze,
che ad ora ad ora ci ripete a iosa,
a chi di noi è la sentenza ascosa,
che vieta all’accort’uomo le imprudenze?
Inver, la sorte d’ogni Bertoldino
è quella stessa, piena di gran sale:
“Predica bene e razzola po’ ‘ male”,
che si racconta del fra’ certosino.
A mostra di sua dubbia valentia,
volendo il nostro buon commendatore
giustificare un grave altrui errore,
più grosso di costui fe’ fesseria.
SU UN INCIDENTE PROVOCATO DAL FATTO CHE SOLO TARDIVAMENTE, DURANTE LA PARTITA SEGUENTE, FU SCOPERTO CHE UNO DEI GIOCATORI, TOMMASO TADDONIO, AVEVA INAVVEDUTAMENTE RISPOSTO PIOMBO A BASTONI, E DA CIO’ ERA DIPESO IL MANCATO CAPPOTTO A FAVORE DEGLI AVVERSARI, DON GIULIO BUONO E PINTO VINCENZO.
Per non aver risposto giustamente
Tommaso a la giocata di bastone
schivò il cappotto, e solo a la seguente
partita se ne fè rivelazione.
Ne nacque allora un torbido incidente
e don Giulio chiedeva riparazione;
gli altri non volean pagar più niente,
onde gli arbitri fer la decisione.
Io non mi domando se Tommaso
errò per artifizio o se per caso;
è mio parere ch’ogni giuocatore
dev’egli controllar l’altrui errore,
e chi a la discoperta non fu attento
non ha diritto di risarcimento.
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Il commendatore Francesco Rivelli, notaio oriundo di Salandra, guadagnava più che bene e aveva messo su una considerevole fortuna. Era il solo notaio del posto e uno dei pochi del distretto. Lavorava molto e guadagnava bene. Abitava una bella casa, che veniva chiamata Palazzo Rivelli, di fronte all’ex cinema Carolillo, aveva dotato di beni i suoi discendenti e favorito buoni matrimoni. Io non l’ho conosciuto, ma ricordo gli eredi che a Tricarico trascorrevano periodi di vacanza. Erano ragazze o signore un po’ snob, che, ad esempio, segnavano su una lavagnetta in cucina il menu del giorno dagli strani nomi: Rari Nantes, pastine naviganti nel brodo o Mare dei Sargassi, zuppa bianca di pesce; di tanto in tanto veniva anche un ingegnere, con la moglie e un figlio della mia età, vivevano a Milano. Poi, i Rivelli furono una delle famiglie estinte di Tricarico, il palazzo, per un certo periodo, fu adibito a sede del fascio e in quell’occasione ebbi modo di frequentarlo. Pare che qualcuno dei discendenti si sia affermato nel mondo della televisione.
La democristiana Angela Maria Guidi, prendendo la parola alla Consulta (Assemblea che ebbe le veci del Parlamento fino alle elezioni del 1946 dell’Assemblea Costituente)a favore della eleggibilità delle donne, affermò che non c’è niente da temere con l’ingresso delle donne nella politica perché: “Peggio di quanto gli uomini sono riusciti a fare da soli nel passato le donne assieme agli uomini non potranno mai fare“.
Lo so, non c’entra un fico secco col tressette, ma non potevo trascurare l’occasione di segnalare questa stupefacente affermazione.
Che deliziosi ritratti di galantuomini nel nobile esercizio di un gioco che, con buona pace dei suoi natali spagnoli o napoletani, a Tricarico deve aver certo trovato degli adepti d’eccezione!