La cronaca lucana di Andrea Di Consoli di oggi 21 giugno sostiene che secondo lui – che non ha un buon ricordo dell’ora di religione –  quell’ora non va abolita, ma certamente ripensata e rilanciata su basi nuove. Di Consoli si dichiara cattolico senza fede. Io sono cattolico e ho fede, so però bene che se, per esempio, fossi nato in Giappone non sarei cattolico e neppure cristiano, e conosco la vita di Madre Teresa di Calcutta.
Ho dichiarato di condividere il pensiero di Di Consoli e di avere una esperienza dell’ora di religione identica alla sua, pur avendola frequentata molti anni prima e in scuole diverse. Ho aggiunto che a  Tricarico noi nati verso gli anni Trenta del secolo scorso avemmo però la fortuna di essere presi in cura, nel corso delle vacanze, da don Benì (Pancrazio) Perrone, che ritengo sia stato e rimanga  un modello e per la conoscenza di don Benì ho rimandato al ricordo che ha lasciato Mario Trufelli nel bel libro L’Ombra di Barone –Viaggio in Lucania. Ho concluso – certo di poter parlare anche a nome di Trufelli – che don Benì ci ha lasciato una visione della vita piena di luce viva ancora ora che siamo tutt’e due ultranovantenni.

Il ricordo di Mario Trufelli si legge nel capitolo VII, Dalle parti di Rocco. Il viaggio in Lucania l’ha portato a Tricarico, il nostro paese, dove egli scrive che inciampa nei ricordi. L’ultimo incontro è con don Benì sulla tomba di Rocco Scotellaro. Mario lo chiama Maestro e amico, e io ripeto con lui che don Benì è stato mio maestro e amico. L’ultima volta che ci siamo sentiti gli telefonai a casa del fratello di cui, malato, era ospite per chiedergli un consiglio per la mia sepoltura quando sarebbe venuto il momento.

Riporto le due pagine del ricordo di Mario:
«     Davanti alla tomba di Rocco Scotellaro, oscurata da un mantello di edera che ha stretto in un abbraccio un cipresso secolare, la vista sulla valle del Basento dominata dagli ultimi raggi del sole che va scomparendo dietro il monte della Serra, è ancora ampia, cattura i pensieri. Rocco è sepolto accanto ai genitori e al fratello.    
Il monumento di pietra che lo celebra, invade lo spazio, è come il frontale di un santuario vecchio di secoli. Attraverso uno squarcio tra due blocchi sovrapposti e asimmetrici si intravede la lunga linea del Basento. E per qualche attimo riesci anche a distogliere l’attenzione dalla tristezza del luogo. I versi incisi sulla stele annunciano “la luce grigia della speranza”: “Altre ali fuggiranno / dalle paglie della cova / perchè lungo il perire dei tempi / l’alba è nuova, è nuova”.
Mi sorprende, mentre ripeto sottovoce questi versi, il maestro e amico sacerdote don Benj Perrone. “È sempre il ricordo ad avere il primato sulla morte” dico, mostrando tutto il piacere di averlo incontrato, tra un lento via vai di donne a lutto. “Mettiamoci pure la poesia” aggiunge lui. E ci facciamo compagnia.
 Oltre la ringhiera di ferro che ha sostituito il disfatto muro di cinta del cimitero, non c’è più nulla dall’altra parte che ti possa riconciliare con la descrizione che fa Rocco della contrada Corneto ne L’uva puttanella, il racconto della sua vita. Non ci sono più vigne, sono scomparsi i campi di ulivi, è rimasto il territorio, più sterile che mai, della volpe, che può muoversi agevolmente alla ricerca di comode tane negli anfratti di un terreno che degrada in disordine verso il fiume. In lontananza il Basento luccica di riflessi.
 Don Benj – il vero nome è Pancrazio, come il santo protettore di Tricarico – mi richiama alla mente le lotte politico-ideologiche che ci dividevano anche nei rapporti umani. L’uomo di chiesa confessa che negli anni in cui era viva e visibile la meteora di Rocco Scotellaro egli non aveva la capacità di critica che ha oggi. E questo lo induce a limitare gli apprezzamenti politici, soprattutto per quelle vicende, vissute dal sindaco-poeta “come un’esperienza spesso angosciosa e difficile e dolorosa”: il carcere, le dimissioni da sindaco, la partenza per Napoli, l’abbandono, “liberazione e insieme esilio”.
     “Però non si scrive”, precisa don Perrone, “quel che ha scritto, se non lo si è vissuto. E questo mi consente di apprezzare il poeta, l’intellettuale, indipendentemente dalle scelte politiche”.

Sul cimitero la sera, già annunciata, sembra sospesa.
C’è rispetto per la commozione, cosi come c ‘è sorpresa nel vedere una intera parete di loculi con ritratti e nomi di “suore discepole di Gesù Eucaristico”, l’ordine religioso fondato da monsignor Delle Nocche, il sant’uomo, come dice don Perrone, che ebbe gli occhi aperti sulla realtà sociale che viveva. L’anziano e prestigioso vescovo, nell’atmosfera della guerra fredda che si respirava anche a Tricarico, diede una mano al giovane e intraprendente sindaco Scotellaro impegnato a realizzare nel paese un piccolo ospedale con attività prevalente in chirurgia e ostetricia. Ci fu molta correttezza tra i due personaggi che si tradusse in una collaborazioni di fatto. L’ospedale si inaugurò il sette agosto 1947 senza enfasi, senza bandiere.
     Monsignor Delle Nocche aveva ceduto un’ala del suo palazzo vescovile. Quante interpretazioni, dopo, e quante inesattezze sul rapporto tra il Vescovo e il laico, per giunta socialista, per giunta dichiaratamente ateo, Rocco Scotellaro.
     “Il cristiano” dice don Benj, pensando di liquidare qualche pregiudizio, “è sempre orientato verso cieli nuovi e terre nuove capaci di cancellare le ingiustizie della storia. Nei riguardi di Rocco Scotellaro, monsignor Delle Nocche fece prevalere, soprattutto nei momenti difficili per il poeta, al di là della dialettica e del confronto, la sua paternità    ».

 

3 Responses to UN INCONTRO SULLA TOMBA DI ROCCO SCOTELLARO RIFLETTENDO SULL’ORA DI RELIGIONE

  1. antonio martino ha detto:

    Mi dispiace contraddire il quasi fratello Mario Trufelli. Rocco Scotellaro non si è mai dichiarato ateo. Basti citare questo passo del capitolo primo della parte V dell’Uva puttanella: «I frati non furono un’esperienza negativa, lo capivo appena uscito, chiaramente se ero capace di sostenere il contegno davanti agli altri petulanti, prepotenti, se tra la folla ogni uomo, con la sua faccia e il suo peccato, o con la sua bellezza, io dovevo rispettarlo come fratello”

  2. Francesco Sammartino ha detto:

    Da questa affermazione di Rocco si puó dedurre che se era ateo lo era davvero. Cioé rispettava chi non lo era . Doveva essere un autentico laico per questo, mi pare di intuire.
    Il primato del dubbio invece che quello della veritá..

  3. Maria Teresa Intoccia ha detto:

    I miei genitori che lo frequentavano come uno di famiglia non hanno mai detto che fosse ateo,ma pet il fatto di essere Socialista l’allora vescovo le vietò di tenere al battesimo mio fratello e quindi la acelta cadde poi sul fratello di Scotellaro.Ma fu Rocco stesso a parlarne con ul fratello.

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