CREONTE E ANTIGONE, ETEOCLE E POLINICE

Non è una verità da conoscere, è tutto drammaticamente chiaro.
Ci sono due assoluti che si scontrano, due paradigmi che attraversano la storia dell’umanità, e l’attraverseranno fino alla fine. C’è il Potere, rappresentato da Creonte, e c’è Antigone, che si oppone al Potere, in nome di una legge divina.
Senza Creonte non c’è democrazia e senza Antigone non c’è democrazia.
Creonte e Antigone sono ugualmente necessari, indispensabili.
Il Potere regge la città, ma non è la città. Antigone si oppone e ne rappresenta una parte.
Eteocle e Polinice sono due gemelli. I due gemelli, una volta raggiunta l’età per regnare, essendo gemelli e non potendo vantare un diritto certo sul trono, si accordarono per istituire una forma di diarchia, regnando insieme, a turno, un anno alla volta. Fu estratto a sorte chi avrebbe iniziato per primo, e fu sorteggiato Eteocle.
Quando giunse il turno di Polinice, Eteocle lo fece imprigionare e allontanare dalla città, tacciandolo d’incompetenza e malvagità ed escludendolo dalla successione al trono.
Polinice reagì ispirando e capeggiando l’attacco alla città dei sette re.
I due fratelli, trovatisi di fronte nel combattimento, si uccisero l’un l’altro e l’odio perdurò anche dopo la morte: quando i corpi furono posti sul rogo per essere arsi, secondo una delle tante versioni del mito, le fiamme si divisero.
La legge stabiliva che a Polinice non fosse data sepoltura. Antigone però, fidanzata del figlio Emone, volle seppellire il fratello Polinice, così Creonte la condannò a morte murandola viva in una tomba. Poi, incalzato da Tiresia (la più importante veggente della mitologia greca, e altre cose) , la liberò, ma troppo tardi: Antigone fu trovata morta, ed Emone si uccise sul corpo dell’amata.
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