Il 2 novembre, cioè giorno dei morti, si va al cimitero. Il 1° è la festa di tutti i Santi e quel giorno si va pure al cimitero, portano lampe, candele ad accendere sui morti. Ognuno, chi tiene padre, madre, fratelli, sorelle, mariti, fidanzati, accendono le candele e si mettono a piangere sulle tombe. La sorella piange la sorella morta e dice: – Sorella mia, che peccato, tu eri la vecchia, non potevi stare in mezzo a noi? Ci hai abbandonati, che non ci facciamo persuasi -. La moglie piange il marito morto, si strappa i capelli e dice: – Come devo fare senza di te? Perché mi hai lasciata sola abbandonata da tutti, e tu stai all’altro mondo? Perché non preghi per me che voglio venire vicino a te? Tu che hai il piacere di vedere Gesù, perché non gli raccomandi che mi viene a prendere? -. Risponde un’altra che la vuole alzare da sulla tomba: – Per ora non ti può fare niente, perché è poco che è morto, non può parlare con Gesù se non passano sette anni di purgatorio. L’inferno va bene che non se lo merita, ché era un buon uomo, ma il purgatorio lo deve fare -. Almeno, risponde la moglie, mi venisse in sogno come si trova a quel mondo. L’altra notte me lo sogno che stava in una bella stanza tutta luce, aveva un letto bianco e si mangiava le castagne. lo gli domandai: «Chi te l’ ha date ? «Me l’ hai mandate tu, tu l’ hai date a un povero e me le mangio io. E cosi oggi ho fatto un bel piatto di maccheroni e carne. Non gli faccio mancare niente -. Rispondono quelli che la confortano: – Si, questo devi fare, non devi piangere, ché quando un morto si piange lo cacciano dal purgatorio -. E così via di seguito, ognuno la solita storia.

Una donna piangeva la sorella morta e non c’era chi farla capace. Arrivò una donna, le disse: – L’altra notte me la sognai, e stava in una vigna, essa e un’altra morta, cioè commara Anna e la commara Maria; e gli domandai: «Pure lì ci sono le vìgne », «Sì, teniamo un po’ per ciascuno e la lavoriamo ». E mi portò a vedere dove stavano con il letto: ma come stavano bene! Loro aspettano noi, ma loro non vengono più da noi. È brutto quando vanno all’ inferno: come si bruciano in quelle fiamme, chi li soccorre? -. Rispose un uomo: – Ma siete venute a fare le chiacchiere? Dov’ è l’ inferno? Chi gli deve dare tanta legna? Si muore e ci mettono nel fosso o nelle cappelle, e là diventiamo vermi e rnarciurne,

Però adesso non è come trenta, quaranta anni addietro, che facevano tanti lamenti nel cimitero il giorno dei morti, pianto e. strilli. Ora si sviluppa l’ intelligenza, cominciano a capire che non vale a niente fare tante cose che sono inutili e tutta l’ignoranza che esisteva prima, che credevano tante chiacchiere inutili. Il 2 novembre vanno al cimitero di nuovo a celebrare le messe.

Ogni prete dice tre messe, una per i suoi morti e due per i devoti che le fanno dire ognuno per i loro morti. Ogni sacerdote tiene il registro e segna tutte quelle persone che vogliono celebrare le messe ai loro morti. Ci sono quelli che le vogliono celebrate tutte quel giorno, ma il sacerdote per ciascuno di noi può dire due messe: vuol dire che quelle che sono segnate prima si diranno il giorno dei morti e gli altri devono aspettare un giorno per ciascuno. Invece per quel giorno ne promette a tante; va una e gli dice: – Me la dici domani la messa? – Sì, la dirò per te, ma non dirlo agli altri, che poi dicono: «Per quella l’ hai detta e per me no. Vuol dire che tu metti l’intenzione che la messa è per te » -. E così via di seguito fanno tutti i preti; e ognuno pensa: «Oggi ho fatto dire la messa per mio marito (madre, padre, ecc.) ». Poi agli altri, che tengono segnato dai giorni precedenti per dire la messa, fanno la stessa cosa.

Un giorno andò in chiesa una a cui il sacerdote aveva promesso di celebrare la messa, si avvicinò una commara e le disse: – Oggi mi dice la messa don Antonio per conto di mio figlio. Vieni anche tu a sentirti la mia messa -. Rispose la commara: – Che anche io faccio dire la messa per mio marito, me la deve dire pure don Antonio, me l’ ha promesso ieri sera. Allora quante ne deve dire, due? Intanto stiamo a vedere.

Disse la messa, se ne andò in sacrestia. Così le due donne andarono appresso per pagarlo. – Ma come va, una messa la prometti a due persone? -. Lui rimase: – Ora che viene don Michele gli faccio dire un’altra per conto vostro -. Invece don Michele aveva anche la sua cliente.

Ecco i sacerdoti che predicano che non bisogna approfittarsi della roba degli altri, non rubare, non dire bugie, e invece loro che dicono sono servi di Dio, fanno peccati più grossi di tutti.

 

2 Responses to IL GIORNO DEI MORTI NEL RACCONTO DI FRANCESCA ARMENTO, MADRE DI ROCCO SCOTELLARO

  1. Rachele ha detto:

    Torneranno i nostri padri e le nostre madri
    dalla terra umida
    nei vicoli sterrati
    su cui si affacciano stalle vuote,
    nelle povere case
    stalattiti di ragnatele
    vento che punge le ossa
    erba del vento arrampicata leggera forte eterna.

    E’ qui Eco,
    ombra vagante lontana immortale,
    tra il ticchettio dei tarli
    la polvere calda
    le muffe turchesi,
    la vita.

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