Un terremoto di intensa gravità ci svegliò alle 4 di  mattina del 20 maggio 2012. Comodini coperti di polvere d’intonaco, cocci di boccacci col loro contenuto sparsi per terra in cucina, libri sparsi sui pavimenti e cocci di un drago in ceramica, che fu un regalo del matrimonio e pegno di una forte amicizia. Mi informo se le nipotine, a Ravenna, si sono spaventate, ma non si sono neppure svegliate e sono state lasciate dormire.

Riprenderei a dormire, ma si decide di uscire. Le strade pullulano di gente, non pochi portano i segni di una fuga precipitosa con una coperta buttata sulle spalle, sotto la quale si intravede il pigiama. Pezzi di cornicioni e di tegole per le strade. E’ caduto un angelo dalla facciata della Chiesa di San Carlo qui a Ferrara. La Torre dei Leoni, la più alta del Castello Estense, è squarciata da parte a parte e incombe, alta sulla città, come un simbolo della sciagura appena capitata. 

Prime gravi notizie, anche di morti, gravi da Sant’Agostino e Bondeno.

Mi viene in mente un poesia del 1943 di Rocco Scotellaro, Sera potentina, in cui si trova il motivo dei segni dei due bombardamenti che Potenza subì subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Tornato a casa vado a rileggerla ed ebbi desiderio di proporne la lettura.

SERA POTENTINA

Sera potentina
con uno sbuffo di treno
e qualche imperlatura sulle colline,
me ne vado.
Il ponte d Monreale
ritto con otto luci
qui negli occhi.
La giostra di Via Pretoria
dopo giri più lenti s’è fermata
e tutto è maceria
di cose bombardate,
crepacci di bombe
e fili pensoloni.
Ma l’ombra ci inganna
la tarda memoria.

(1943)

 

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