Era l’ora nona quando Gesù emanò l’ultimo respiro in croce. All’ora nona di martedì emanarono l’ultimo respiro Rocco Scotellaro e Giuseppe Dossetti.

Con Rocco non ho mai parlato di Dossetti.

Io e Benito Lauria eravamo cattolici non democratici cristiani, nel senso che non ci eravamo schierati non essendo ancora elettori e ci accanivamo in  letture senza un programma o un obiettivo precisi. Grande personalità politica di riferimento era comunque Giuseppe Dossetti, ma troppo lontano, troppo irraggiungibile, troppo incompreso. Avevamo vent’anni quando Dossetti convocò per la prima volta i suoi amici a Rossena, sulle colline reggiane, per annunciare l’intenzione di abbandonare la politica. Fu una delusione molto dolorosa e sconcertante. Non potevamo che sentirci cattolici, ma democratici cristiani antigovernativi e antidegasperiani. Era la nostra errata, infantilmente errata interpretazione di Dossetti. Dopo l’incontro di Rossena, Dossetti fece seguire l’uscita dal Parlamento.

Rocco non aveva mai fatto cenno a questi eventi né io sapevo cosa dire, cosa chiedergli, quali potessero essere i suoi pensieri al riguardo.
Accadde tuttavia che il Gruppo di Portici allacciasse rapporti con i giovani cattolici e democratici cristiani di Terza Generazione.  
In quel periodo, in verità, i giovani democratici cristiani esercitavano una sorta di primazia culturale su tutta la generazione, imponendosi anche al rispetto e all’attenzione della più forte organizzazione concorrente – la federazione giovanile comunista – ed erano presenti in tutte le iniziative e gli incontri significativi di quel periodo.

«Per l’Azione», rivista di studio dei gruppi giovanili della Democrazia Cristiana, fu sempre stata molto di più che un semplice fatto organizzativo ed era una testimonianza della tradizionale loro autonomia, espressione di una linea politica generalmente spostata a sinistra rispetto a quella ufficiale democratica cristiana «ma qualificata nei tempi di maggiore incidenza da uno sforzo di comprensione critica del ruolo della D.C. nello Stato italiano, in rapporto ai percorsi del movimento cattolico e alle precedenti esperienze, sia del cattolicesimo liberale sia dell’intransigentismo sociale, che costituivano altrettante posizioni da approfondire storicamente, per superarle nell’aderenza al contesto della democrazia post-fascista.» (dalla prefazione di Francesco Mattioli in «Antologia di Per l’Azione. 1948 – 1953», Terni, tip. Arti Grafiche Nobili, 1961.)

A Tricarico non giungeva neppure l’eco di quel fervore e Portici era lontana anche da Napoli, dove io dovevo studiare legge.

A maggio del 1952 battesino elettorale e a giugno dell’anno successivo  votai DC alle elezioni politiche. Divenni un assiduo lettore della rivista Terza Generazione: terza generazione democratica e cristiana dopo Sturzo e De Gasperi, mensile di ricerca e d’iniziativa per dare voce ad istanze di rinnovamento all’indomani delle elezioni del 7 giugno 1953, espressione di giovani cattolici che avevano avviato una serie di indagini conoscitive specie nel Mezzogiorno, alla scoperta dei valori della civiltà contadina, stabilendo pertanto anche un rapporto col Gruppo di Portici e in specie tra Bartolo Ciccardinie Baldo Scassellati con Gilberto Marselli e Rocco Scotellaro.

Alla rivista collaborarono Felice Balbo, Bartolo Ciccardini, Gianni Baget (che in seguito aggiunse il cognome Bozzo avuto dall’adozione degli zii della madre), Achille Ardigò, Ubaldo (detto Baldo) Scassellati. 

Va detto dell’interesse della rivista per l’opera di Rocco Scotellaro. Si diceva che la rivista fosse finanziata da Alcide De Gasperi e il fatto che l’ultimo numero fosse uscito a settembre 1954, un mese dopo la morte dello statista trentino, apparve come una conferma della voce.

Quattro articoli di Terza Generazione riguardano l’opera di Scotellaro. Tre sul numero 10 di agosto 1954 e uno sul n. 11: 1) Gianni Baget, «Il rinnovamento italiano comincia dai contadini del Sud», 2) U.P.(Piero Ugolini) «Scotellaro e i suoi contadini di fronte alla cultura meridionalista», 3) Rocco Scotellaro, Racconti, dichiarazioni e scritti di Michele Mulieri».

Dopo molti anni pensai di chiedere quale fosse stato il pensiero di Rocco Scotellaro su Dossetti al direttore di Terza Generazione, Bartolo Ciccardini.
Nonché direttore di Terza Generazione, egli era stato a 22 anni direttore di Per l’Azione» organo dei gruppi giovanili DC e dopo l’esperienza di Terza Generazione dirigerà il settimanale della Democrazia Cristiana «La Discussione»fondato da Alcide De Gasperi e finito come sono malamente finite tante cose belle dei primi decenni della Repubblica. Dopo il dissolvimento della Democrazia Cristiana, all’inizio degli anni novanta fu fra i promotori della formazione politica dei «Cristiano Sociali».

Con lui ho avuto qualche rapporto, talvolta anche polemico riguardo alla direzione de La Discussione. Ci ritrovammo molti anni dopo nell’impegno per la difesa della Costituzione nel segno di Giuseppe Dossetti: entrambi eravamo ultraottantenni, Ciccardini aveva circa due anni più di me. Ci scambiammo alcune telefonate, concordammo incontri e iniziative (chi ricorda e visse con passione quel periodo può capire il significato delle parole nel segno di Giuseppe Dossetti), accennai alla mia amicizia con Rocco Scotellaro e Bartolo mi disse che volentieri mi avrebbe riferito cosa Rocco pensasse di Dossetti.

Il programmato incontro non ebbe luogo. Bartolo morì improvvisamente, fulminato da un infarto. Nel corso di una lunga e ricca stagione d’impegno politico, aveva saputo assumere sulle sue spalle il fardello dell’essere cristiano e, al tempo stesso, dell’essere democratico cristiano. E lo fece bene.

Riporto l’incipit di un servizio giornalistico sulla sua commemorazione, alla quale fui presente, al Palazzo Sturzo: «Se mi avessero detto che, alla commemorazione dell’onorevole democristiano Bartolo Ciccardini, sarebbe stata letta una commossa lettera dell’onorevole comunista Luciana Castellina, che manifestava grande stima per Bartolo, conosciuto nei lontani Anni Cinquanta, e che al coro degli elogi si sarebbe unito l’onorevole radicale Marco Pannella che, non pago del suo bellissimo e interminabile intervento, come solo lui sa fare, avrebbe sollecitato l’onorevole democristiano Arnaldo Forlani a prendere la parola, avrei risposto, senza mezzi termini, che non poteva essere vero».

Luciana Castellina così chiudeva la sua bella lettera: «Con lui se ne è andato un pezzo della storia della mia generazione, oltreché un grande amico: il solo amico democristiano!»

Grande amico di Luciana Castellina, comunista di estrema sinistra, e grande amico di Rocco Scotellaro e Gilberto Marselli. Amici di una generazione, che è anche la mia, con idee salde e ferme, formatasi sui libri, nell’azione e nel rispetto, dialogo e amicizia reciproci.

Ciccardini pubblicò nel 2009 un libro veramente bello, ma purtroppo introvabile anche tra i miei libri, edito da Guanda Editori di Napoli, «Viaggio nel Mezzogiorno d’Italia», con prefazione di Gerardo Bianco.

«Ciccardini – scrive nella Prefazione Gerardo Bianco – osserva, cerca di documentarsi, e fruga tra libri di autori locali dimenticati, scritti in un italiano desueto, ma ricchi di dati e di notizie che diventano, per lui, materia ghiotta di riflessione e di scorribande storiche, sempre e comunque pertinenti. […] Attirato dalle vicende della Repubblica marinara, ci offre pagine dove, accanto a riferimenti storici, si mescolano fulminanti osservazioni, pie leggende spiegate nella loro genesi, e il racconto dei monaci e delle famiglie che hanno fatto la storia di questa terra. Ma è il mare l’orizzonte degli abitanti di queste contrade. Ciccardini ne descrive le sorti, con lo stile di chi compone un libretto d’opera, e, con autoironia, ricostruisce una storia drammatica ed interessante. È il suo modo originale di guardare alla storia e di costruire il suo racconto, nel quale incalzanti sono gli interrogativi su ciò che poteva essere e non è stato.»

Chiudo riportando due brevi brani del Viaggio nel Mezzogiorno d’Italia, tratti, rispettivamente, dalle pagine 184 (riferito a Rocco) e 187 (riferito a Gilberto Marselli): 

«La cultura del Sud era diversa. La disperazione di Bernardo Viola, protagonista di Fontamara, a cui non resta che farsi fucilare dalle guardie o fuggire all’estero, le dure regole di Laura, la Signora delle Terre del Sacramento, per ottenere la sottomissione dei braccianti, l’epopea del Baroni Barracu che corrono a cavallo per occupare le terre delle Opere Pie, come nei più antichi film western, erano le immagini di una storia mai scritta, che giungeva fino a noi dalle pagine amare di Jovine, di Silone, ma anche dai lunghi colloqui notturni con Elio Vittorini, Rocco Scotellaro e Danilo Dolce. Abbiamo amato Rocco Scotellaro come la generazione successiva avrebbe amato i Beatlles »

«Di quel periodo ci resta una citazione del grande Gilberto Antonio Marselli: ‘A questa logica (…) si rifecero, in modo più specifico, i quattro gruppi che operarono nel Sud durante gli anni ‘50-’70; naturalmente la Svimez; il Gruppo di Portici, gravitante attorno a Rossi-Doria; la rivista Nord e Sud di Francesco (Chinchino, per noi) Compagna e quella Terza Generazione di Bartolo Ciccardini e Baldo Scassellati, una generazione ormai universalmente riconosciuta la più fertile di innovazioni metodologiche, di fermenti riformistici, e di volontà di partecipare attivamente, non solo alla ricostruzione del Paese, ma anche all’avvio di un definitivo superamento della questione meridionale.’»

 

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