Caro Andrea,

La lettera che sto per scriverti sarà un po’ noiosa, anzi abbastanza. Ma se vuoi sapere – e sono certo che lo vuoi – come giravano un tempo le cose lucane, bisogna sapere anche le cose noiose. In fondo penso che la politica sia scesa così in basso anche perché – ma non solo, fosse solo per questo ! – molti non la capiscono e la trovano noiosa.

Nel mese di maggio del 1952, per la prima volta dopo la caduta del fascismo, si procedette all’elezione dei consigli provinciali. La maggiore età, e quindi anche il diritto al voto, si conseguiva a 21 anni. L’evento mi emozionava molto, perché avrei finalmente ricevuto il mio battesimo elettorale, dopo tanti anni che seguivo con passione e interesse la politica. In quel periodo a Napoli ero a pensione in via San Domenico Soriano con Antonio Albanese e il rapporto con Rocco Scotellaro, che da due anni era a Portici, era molto stretto e frequente, quasi quotidiano, ogni sera, quando lui scendeva a Napoli.

Il pensiero che Rocco si candidasse al consiglio provinciale di Matera mi dava ansia. Il mio ideale di socialismo cristiano non era neanche in mente dei, ma Rocco disse a me e a Antonio che non si sarebbe candidato e la mia ansia si quietò.

Tornai a Tricarico per preparare gli esami di giugno. Trovai un clima elettorale infuocato, che investiva la DC per due motivi. Il primo era il patto elettorale stipulato in provincia di Matera tra la DC e il PNM (partito nazionale monarchico); il secondo era dato dalla larghissima contrarietà dei tricaricesi a una eventuale candidatura di M.G, alto esponente della DC materana nel collegio elettorale di Tricarico, che comprendeva anche il comune di Calciano.

Bisogna ora spiegare con quale il sistema elettorale si sarebbe votato. Era prevista la ripartizione delle province in collegi uninominali elettorali (16 nella provincia di Matera) e la facoltà di collegamento tra i candidati. Risultava eletto il candidato meglio votato in ciascun collegio, e quindi in prima istanza, nella provincia di Matera, risultavano eletti 16 consiglieri, giacché il suo consiglio provinciale era composto di 24 membri. Gli altri 8 membri risultavano eletti con i resti dei voti assegnati ai candidati tra loro collegati non eletti direttamente.

Il patto politico DC-PNM prevedeva il collegamento tra i candidati democratici cristiani e il candidato monarchico di San Mauro Forte, il barone Vito D’Eufemia. Nel collegio di San Mauro Forte la DC rinunciava a presentare un proprio candidato e il PNM rinunciava a presentare propri candidati negli altri 15 collegi. Con questo patto il partito monarchico si assicurava l’elezione certa di un suo esponente, nel caso il barone D’Eufemia di San Mauro Forte e la DC sarebbe stata avvantaggiata nei restanti 15 collegi dall’affluenza di voti monarchici. Per essere più chiari, la DC in quelle elezioni si presentava col simbolo dello scudo crociato in quindici collegi e col simbolo monarchico nel collegio di San Mauro Forte. Ne risultava sfigurata la sua identità, per la più avvertita classe dirigente DC si trattava di uno scandalo intollerabile, l’on. Emilio Colombo si rifiutò di tenere un comizio a San Mauro Forte. A Tricarico si aggiungeva l’invidia e avversione al probabile candidato M.G., un giovane tricaricese di famiglia artigiana, laureato, di bello ed elegante aspetto, che aveva già fatta una brillante carriera amministrativa e politica nella DC materana. Tutta invidia, insomma.

Benito Lauria, mio carissimo amico, che qualche anno dopo sarà sindaco di Tricarico  e altri anni dopo direttore generale del ministero dell’istruzione, si mise alla testa del movimento di protesta al patto e, di conseguenza, ma senza invidia, alla candidatura di M.G.

Benito era studente all’Università Cattolica di Milano, ospite del collegio Augustinianum, dove si stava formando la covata di una brillante futura classe dirigente cattolica, giovani studenti che si rileveranno tra i più intelligenti e colti elementi della Sinistra dc. Benito Lauria ne faceva parte e aveva maturato idee estremiste, uno spirito antigovernativo e antidegasperiano, che riteneva necessario per realizzare una radicale riforma del partito dello Scudo crociato. Tra gli elementi di maggiore spicco dell’Augustinianum c’erano, ma non erano i soli, Ciriaco De Mita, compagno di corso universitario di Benito, Gerardo Bianco, Riccardo Misasi. Non so se anche loro cavalcassero quell’estremismo rivoluzionario, ma certamente nelle file cattoliche quel clima era ben presente e avrà gravi conseguenze impensabili.

Benito influenzava anche me, facendo germogliare anche nella mia testa idee antigovernative e antidegasperiane per riformare radicalmente la DC. Quando tornai a Tricarico Benito c’era già e aveva fomentata una vera e propria rivolta. Egli era stato seriamente ammalato e, a guarigione avvenuta, era tornato a Tricarico per un periodo di riposo. Sul bisogno di riposo prevalse la passione politica, soprattutto l’avversione allo scandalo del patto elettorale, e la fece prevalere anche in me sull’impegno che avevo preso di studiare sodo. La politica era una fede, la cosa più importante a cui valesse la pena dedicarsi.

 

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