Rocco Scotellaro: CONTADINI DEL SUD – Generalità
CONTADINI DEL SUD è il primo libro in prosa di Rocco Scotellaro pubblicato nella Collana I LIBRI DEL TEMPO delle Edizioni Laterza con prefazione di Manlio Rossi-Doria a luglio del 1954 (sette mesi dopo la mote di Rocco e uno dopo la pubblicazione della raccolta di poesie È FATTO GIORNO). Fu quindi ristampato in molteplici edizioni, in forme diverse e con contenuti diversi. Nel 1964 CONTADINI DEL SUD e L’UVA PUTTANELLA (pubblicata nel 1955) furono riuniti in unico volume pubblicato nella Collana UNIVERSALE LATERZA, con nuova Prefazione di Carlo Levi.
Sempre in volume unico si ebbero quindi una terza e una quarta edizione. La terza edizione, a cura del prof. Franco Vitelli, è stata pubblicata nel 1986 nei ROBINSON, la quarta, con Introduzione di Nicola Tranfaglia, è stata pubblicata nel 2000 nella Collana ECONOMICA LATERZA. Terza e quarta edizione sono diverse tra loro e diverse dall’edizione originaria.
Un alone di mistero circonda la terza edizione, che non sono mai riuscito a procurarmi e a leggere; si percepisce un clima di dissenso tra l’autore e l’editore, che non sono riuscito a capire, nonostante che al tempo fossi amico dell’autore, la nostra amicizia fosse caldeggiata da Rocco Mazzarone e avessi domandato l’aiuto dello stesso prof. Vitelli. Ma non ne voleva parlare.
Nell’originario CONTADINI DEL SUD sono pubblicate cinque VITE di contadini e quattro RACCONTI SCONOSCIUTI di Francesca Armento vedova Scotellaro, madre di Rocco. Un mese dopo la morte del figlio, quando seppe che gli amici stavano riordinando quello che sarebbe stato il primo dei suoi libri, Francesca scrisse commoventi e indimenticabili pagine in cui la figura di Rocco e la sua vita e la sua morte sono raccontate come un lamento funebre: DALLA NASCITA ALLA MORTE DI ROCCO SCOTELLARO – RACCONTO DELLA MADRE.
In un primo momento si era pensato di premettere a tutte le «Vite» questo drammatico umano racconto, ma poi parve meglio di lasciar l’ordine che il libro doveva avere e di mettere questa vita di Rocco come ultima, accanto alle vite dei suoi contadini.
Riassumendo: le cinque «Vite», i quattro «Racconti sconosciuti» e il lamento funebre della madre di Rocco formavano il contenuto e l’ordine originario del libro; successivi interventi improponibili per l’assolutizzazione dello specifico letterario e carenza di sentimento del tempo hanno spostato l’accento in maniera sostanzialmente falsificante con l’estromissione dall’opera scotellariana dei racconti sconosciuti (ad eccezione di LETTERA AL FIGLIO) e del lamento funebre di Francesca Armento.
Una sola delle vite – l’ultima, NEL CUORE DELLA BUFÀLA – è interamente costruita da Rocco. È la vita del giovane bufalaro Cosimo Montefusco, « che non sa il mondo » e conosce il poema delle bufale e, nella piana del Sele « dove tutto ancora bolle », spera solo di evadere per «andare a zappare, a fare i fossi, ma non più stare appresso agli animali ».
Le altre quattro «Vite» sono o dettate o scritte interamente dagli stessi protagonisti. Sono gente di Tricarico: Laurenzano Antonio, piccolo affittuario e piccolissimo proprietario, scarsamente interessato alla politica ma semmai socialista; Di Grazia Andrea, piccolo proprietario coltivatore diretto, cattolico, democristiano; Mulieri Michele, contadino-artigiano, indipendente e anarchico; Chironna Francesco, mezzadro, innestatore e potatore specializzato, indipendente politicamente, di fede evangelica. Li ho conosciuti tutti: intendo dire che la nostra era conoscenza reciproca e di Andrea Di Grazia sono stato amico.
È interamente dettata la vita del «Contadino che si sposa per la terza volta», Antonio Laurenzana. «Adesso basta questa storia – chiude – perché sono due giorni che mi tieni sotto e mi sento più stanco, peggio di zappare. Sono le sei, i ragazzi tornano da campagna e io devo andare a preparare da mangiare».
Sono scritte, invece, direttamente dai protagonisti «la storia semplicissima e complicata di Michele Mulieri», FIGLIO DEL TRICOLORE, con nota di R(occo) S(cotellaro) e una intervista con la moglie; quella autobiografica di Francesco Chironna – «Vita di Chionna Evangelico»; e quella di Andrea di Grazia, che orgogliosamente sa che «Tra cinquanta piantoni uno deve essere il migliore».
Il fatto che i racconti siano scritti o dettati dai protagonisti stessi – scrive Rossi-Doria nella prefazione – non deve lasciar credere che il lavoro sia consistito soltanto nel cercare e raccogliere queste dirette testimonianze. Non tutti i contadini sanno raccontare di sé e, quando sanno, non sempre il racconto è completo e genuino. Trovarli, convincerli a parlare, farsi raccontare verbalmente la loro storia, poi convincerli a scrivere secondo uno schema pieno e non parziale, e seguire momento per momento questo loro scrivere è stata la fatica maggiore di Rocco, portata a termine con relativa lentezza ma con successo solo grazie alle sue eccezionali doti di comunicatività, che gli assicuravano la confidenza di tutti.
Di questa fatica, e di quanto sia stata pesante e stressante, ho avuto testimonianza da Antonio Albanese, che accompagnava Rocco nelle sue inchieste, e l’accompagnò a Irsina quel sabato 5 dicembre 1953, quando Rocco subì il primo attacco del male che dopo dieci giorni, martedì 15 dicembre, lo stroncò.
I RACCONTI SCONOSCIUTI sono: «LETTERA AL FIGLIO», racconto sulla commara Nunziata (accompagnata da una nota di Scotellaro per la presentazione ai lettori di «Nuovi argomenti») e altri tre che – spiega Rossi-Doria nella prefazione – furono aggiunti per arricchire la testimonianza su questo particolare mondo contadino, come era nelle intenzioni di Rocco; scritti che la madre aveva appositamente preparato per lui, rispettivamente dedicati a raccontare come le donne nel paese sentono e parlano dell’amore (L’AMORE); cosa sono in paese i rapporti di vicinato (IL VICINATO), e qual è l’atmosfera del giorno dei morti (IL GIORNO DEI MORTI): essi danno un’apertura suggestiva su relazioni e sentimenti di cui nelle «vite» degli uomini si trovano solo pochi e indiretti accenni.
La madre di Rocco – continua Rossi-Doria – è lei stessa una delle figure più vive e significative di questo mondo contadino, allo stesso modo che lo è Rocco. La figura di lei e la sua « vita» escono vive e indimenticabili dalle due pagine che Rocco scrisse presentando ai lettori di «Nuovi Argomenti» un racconto di lei sulla commara Nunziata, pagine che si pensò fosse opportuno ripubblicare, col racconto, nel volume che gli amici stavano preparando.
Nella terza edizione curata nel 1986 dal prof. Franco Vitelli, le ‘aggiunte’ vennero ridotte alla sola LETTERA AL FIGLIO, perché il professore ritenne una forzatura l’identificazione di Francesca Armento quale personaggio femminile di CONTADINI DEL SUD e considerò i racconti sconosciuti quale prodotto di un orientamento di ricerca più letterario che sociologico (improponibilità, a mio parere, dell’assoluto letterario!).
Nell’ultima edizione del 2000, è stato persino omesso ogni accenno al dato di fatto dell’esistenza delle ‘aggiunte’ alle «vite», lasciando inghiottire nell’oblio queste pagine fondamentali per la conoscenza della vita e dell’opera di Rocco Scotellaro.
Il «Centro di documentazione Rocco Scotellaro e la Basilicata nel secondo dopoguerra» di Tricarico, ha recuperato il racconto di Francesca Armento dalla nascita alla morte di Rocco in un volumetto molto bello pubblicato dall’editore Congedo di Galantina, operando, ripeto, un recupero del sentimento del tempo e della memoria della madre del poeta, che fu figura centrale del suo percorso di vita e di scrittore. La pubblicazione è presentata da Carmela Biscaglia, direttore del Centro, introducono e contestualizzano il racconto di Francesca saggi di Maria Teresa Imbriani, dell’Università della Basilicata, «Francesca e Rocco: una vita lungo un sogno»; Camela Biscaglia, «La madre di Rocco Scotellaro: tra biografia del figlio, ritratti di Carlo Levi e fotografie»; Luigi Boneschi, regista, «Tu sola sei vera. Madre amore e morte da Scotellaro a Pasolini».
Nel Baobab del 2019 è aggiunta una APPPENDICE con l’autobiografia del contadino tricaricese Paolo Zasa LA VITA DEL BENE E DEL MALE DI UN CONTADINO PEREGUITATO, risultato della trascrizione del testo di «un autografo del contadino di sette fogli uso bollo, seguendo un criterio rigorosamente conservativo, fatta eccezione per l’indicazione abbreviata di nomi e cognomi ove suggerito da questioni di privacy» (F. Vitelli, Baobab 2019, p. 695). Il prof. Vitelli afferma inoltre che per l’insorgere di nuovi testimoni la compagine testuale di Contadini del Sud del Baobab risulta sensibilmente mutata rispetto all’edizione da lui curata per Laterza nel 1986, spiegando senza nulla spiegare, tanto lasciare al caldo il mistero sulla sua terza edizione – chi sono i nuovi testimoni? quali testimonianze hanno date?.
Chi intende ancora leggere Scotellaro credo che possa disporre del nuovo Boabab 2019, di cui già annunciai con gioia la sua uscita, invitando a leggerlo, invito che rinnovo. Per chi intende leggere tutto Rocco, e cioè anche lo svolgimento delle edizioni delle sue opere, questo blog pubblicherà gli scritti che non si trovano sul Boabab: per Contadini del Sud saranno pubblicati il racconto di Francesca Armento Dalla nascita alla morte di Rocco e i Racconti sconosciuti, nonché le prefazioni di Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria,
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