Una severa critica di Andrea Di Consoli al film di esordio di Lina Wertmüller, che va inteso esteso a tutto il lavoro cinematografico della regista di origini lucane, discendenti da un nobile casato svizzero, mi ha un po’ turbato.
Il film, del 1963, è “I basilischi”, del quale mi ero dimenticato, ma quando uscì ben comprensibilmente mi coinvolse e lo vidi più volte.

Lina Werthmüller era nata tre anni prima di me – lei diceva a Roma, ma mia madre mi assicurava che fosse nata a Palazzo San Gervasio, mio paese natio e della mia famiglia da generazioni; il padre della Werthmüller aveva lasciato il paese dopo aver percorso la solita trafila di tanti giovani meridionali (laurea, concorso, impiego a Roma); a Palazzo San Gervasio c’erano gli zii, il parroco don Luigi Wethmüller (Vrtmull), il farmacista e il resto della famiglia. Don Luigi, parroco della Chiesa del Crocifisso, di fatto unico sacerdote di Palazzo San Gervasio, aveva curata la mia preparazione e data la prima Comunione; volle che aiutassi il figlio del sagrestano a suonare le campane per il Vespero, muovendo con la mani i battagli; quando imparai bene, suonavo due campane; il figlio del sagrestano si faceva pagare l’aiuto che gli prestavo con mezzo arancio, perché aveva capito che niente mi aveva data e mi avrebbe data più felicità del suonare a mano le campane; mio padre comperava dal farmacista Werthmüller bottiglioni di olio di fegato merluzzo, che ho ingurgitato lungo tutta la mia infanzia, un cucchiaio al mattino (ora nella vecchiaia ingurgito olio di semi di canapa per una infiammazione acuta, che definiscono di basso profilo, come senza ironia si definiscono leggere le catene kappa del mieloma multiplo, male da cui fu colpito Leonardo Sciascia, che visse sofferenze atroco negli ultimi mesi di vita); non ricordo perché andai due o tre volte a casa Werthmüller e quali altri suoi parenti conobbi.

«I basilischi» è un bozzetto della vita di paese, del quale erano conoscibili i tipi dei giovani di cui si raccontava e alcuni luoghi, che vedendo il film riconoscevo.  

Avevo nove anni quando la mia famiglia lasciò Palazzo San Gervasio. Un anno prima passai una indimenticabile estate di giochi con Anna Maria Italiano, bambina italo-americana, che diventerà celeberrima attrice col nome di Anne Bancroft, interprete indimenticabile di Anna dei Miracoli.

Insomma, per me Palazzo San Gervasio era la capitale mondiale del cinema.

In un commento alla sua critica scrissi a Di Consoli, ringraziandolo, che mi aveva suggerito l’argomento del mio prossimo post; si sarebbe intitolato Lucania persa – Montagna di tufo.

Questa è l’Introduzione. In seguito l’argomento annunciato.

 

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